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Famiglia: forma naturale o spazio da reinventare? Un romanzo contro le definizioni assolute


A distanza di qualche settimana dalle parole pronunciate da papa Leone XIV durante la Santa Messa per il Giubileo delle Famiglie, ci siamo presi il tempo di riflettere. Come redazione di indielibri, sentiamo il bisogno di aprire pubblicamente una riflessione su quanto è stato detto, provando a inquadrarlo dentro una visione più ampia, coerente con il nostro progetto culturale.

Crediamo infatti che la letteratura, quando è viva, sia uno strumento politico e simbolico capace di mettere in discussione anche i pareri più “solenni”. Per questo partiamo da uno dei libri pubblicati da Catartica Edizioni, Emme, Effe e P in seconda di Anna Tea Salis, per ragionare su ciò che chiamiamo “famiglia”. Un termine che ci riguarda tutti, ma che troppo spesso viene usato in modo esclusivo, assoluto, immutabile.

Papa Leone XIV ha ribadito l’importanza della famiglia fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, definendola “società piccola ma vera, anteriore a ogni civile società”. Il 1° giugno 2025, durante la Santa Messa per il Giubileo delle Famiglie, ha sottolineato il ruolo fondamentale della famiglia per la società, citando esempi di coppie di sposi beati e santi come modelli di vita familiare. Ha inoltre invitato i governi a investire nella famiglia e a tutelarla da ogni forma di violenza e degrado sociale, richiamando il ruolo educativo dei genitori e l’importanza dell’amore e dell’unità familiare.

Una visione ristretta e assolutamente fuori dal contesto reale della nostra società, dove la famiglia assume un significato più ampio e variegato. Non si tratta di negare la tutela della dignità della persona o dei più fragili e indifesi, ma di spostare il concetto di “famiglia” da un modello rigido e prescrittivo a uno aperto, inclusivo, umano.

Le parole del papa sono una lama sottile che s’insinua sotto pelle. Non percepisci subito il dolore, ma un fastidio sotterraneo. Parole anche contrastanti, se vogliamo: “tutela della dignità” accostata a “famiglia fondata sull’unione tra uomo e donna”, come se esistesse l’unica forma valida di unione. Un concetto stereotipato di coppia uomo/donna, sacralizzata dal matrimonio in chiesa, che esclude famiglie non binarie, convivenze, unioni civili.

Esattamente: di che tutela stiamo parlando? Della dottrina cattolica, con il suo retaggio di codici e dogmi? O della tutela della dignità e del rispetto delle persone?

È giusto, è doveroso tutelare le persone fragili e indifese. Ma tutte le persone, a prescindere dall’orientamento sessuale. Anche perché l’amore non si orienta: è una manifestazione naturale dell’essere umano. E finché continueremo a etichettare, classificare, separare per tipo e forma, sarà impossibile trovare una vera equità nei diritti civili.

La famiglia nucleare non è sempre funzionale. Ci sono donne vittime di violenza da parte dei mariti, bambini e bambine maltrattati psicologicamente o fisicamente da genitori pericolosi. E poi ci sono rapporti disfunzionali tra genitori che si riflettono sulla sfera emotiva e psicologica dei figli.

Non si tratta di abiurare il concetto di famiglia. Al contrario. La famiglia è un fondamento importante. Ma non può e non deve essere definita rigidamente.

È ciò che emerge con forza dal romanzo Emme, Effe e P in seconda. Un’opera utopica ambientata in un’epoca futura, in cui la voce narrante ripercorre le vicende dei suoi antenati, evidenziando limiti culturali, discriminazioni, violenze psicologiche, e una generale mancanza di empatia, umiltà, solidarietà. Lo scopo del libro è quello di far riflettere sui limiti culturali del nostro tempo, ridefinendo i confini della famiglia e tracciandone di nuovi sulla base dei rapporti umani, e non delle convenzioni sociali, religiose e dogmatiche.

Nella visione utopica del romanzo sono la cultura, l’arte e l’amore che diventano potenti strumenti di trasformazione. La famiglia non è più un nucleo di sangue, ma un gruppo sociale, un insieme di persone che creano relazioni e affetti.

La famiglia, oggi, non può più coincidere solo con l’unione uomo-donna. È un’idea ristretta che più volte ha generato traumi, esclusione, ipocrisie. La famiglia è dove c’è amore, senza sentimentalismi inutili. L’amore, e soltanto l’amore, è la matrice del concetto di famiglia.

(Redazione)

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