Il libro non è (solo) dell’autore
Lo
scrittore si occupa di scrivere il libro, l’editor suggerisce e sostiene lo
scrittore nella conclusione della storia. Il manoscritto, in seguito, passa
sotto la correzione di bozze in cui si sistemano refusi e punteggiatura. A
questo punto la storia è conclusa e non si dovrebbe più intervenire sul testo.
Il passaggio successivo è l’impaginazione e in questa fase si adatta il testo, appunto,
alla pagina per procedere poi con la stampa.
L’impaginazione
è un processo piuttosto delicato in cui anche la lunghezza di una frase o di un
paragrafo può minare il risultato finale. Se si allunga o accorcia un periodo,
magari tramite riformulazione, è possibile che il capitolo successivo del
romanzo inizi alla fine della pagina. O, peggio, che una linea a fine pagina sia incompleta e alla fine del periodo segua un capoverso nella pagina successiva. Questo dà vita a quella che in editoria viene chiamata “vedova”, cioè l’ultima riga di un paragrafo che rimane sola in cima a una nuova pagina. Esiste anche il caso opposto, chiamato “orfana”, che si verifica quando la prima riga di un nuovo paragrafo resta isolata in fondo a una pagina. Entrambe le situazioni vanno evitate perché compromettono la leggibilità e rompono l’armonia visiva del testo. Tutte questioni che mandano a quel paese il lavoro di ore.
In
seguito (o nel mentre) il grafico si occupa della copertina e, diciamo, della
resa estetica dell’oggetto libro che sarà conforme sia al romanzo e sia alla
veste grafica portata avanti dalla casa editrice. Tale veste grafica non è
campata per aria ma è il risultato di un preciso progetto, estetico ed
editoriale.
In
quel momento il libro è concluso e si passa alla stampa da parte della
tipografia.
Perché
scrivo questo? Per alcuni motivi. Per esempio consigli su come dovrebbe
comportarsi uno scrittore e divulgazione sulla creazione dell’oggetto libro.
Che quasi mai è una passeggiata al fresco in estate.
Ci
tengo però ad essere più chiaro. E il consiglio è proprio questo.
Essendo
il libro il risultato del lavoro di diversi addetti, tra cui rientra anche il
lavoro dello scrittore, quest’ultimo faccia il suo lavoro. E cioè scriva. Il
romanzo, il saggio, la raccolta di racconti, le poesie o qualsiasi altra cosa
riguardi la sua arte scrittoria. Non si preoccupi del lavoro degli altri.
Il
grafico non dice allo scrittore come dovrebbe scrivere e lo scrittore non
dovrebbe dire al grafico come realizzare la copertina e neanche alla tipografia
che tipo di carta o formato desidera per il suo libro. E, oltretutto, non
dovrebbe preoccuparsi della promozione da parte della casa editrice né delle
foto scelte per tale promozione, in quanto spesso si usano foto di repertorio
della casa editrice o di altri eventi a cui l’autore ha partecipato.
Quando
uno scrittore si affida ad una casa editrice si affida a dei professionisti e,
come tali, è giusto che abbiano la propria indipendenza nel lavoro da svolgere.
Oltretutto, considerando sempre che un autore pubblica gratis, non sborsa un
solo centesimo.
Quando
una casa editrice (o un altro professionista editoriale) mette l’ultima parola
su un libro, il lavoro è concluso e, se all’autore una frase non piace e la
vuole riformulare, spiacenti ma non è un file Word in cui si aggiunge e si
toglie a piacimento.
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