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Legni e Memorie: Dialogo con l’Artista del Legno Luca Pitzalis


Arti & Mestieri 

Visitare alcuni luoghi e incontrare alcune persone è salutare.
I ricordi più belli riemergono e ci guidano, ricordandoci chi siamo, da dove veniamo, chi e cosa custodiamo gelosamente dentro il cuore. È in quel preciso istante che, con gli occhi lucidi, il sorriso diventa espressione nitida del nostro viso; esso ci caratterizza e ci contraddistingue fra tanti esseri e ci conduce in quel luogo magico nel quale, la carezza diventa reale e ci fa ritrovare un grandioso senso di pace mentre, delicatamente, ci riporta ai nostri periodi migliori nei quali la spensieratezza era la più grande fatica.
Luca Pitzalis, isilese, 48 anni, artista del legno, mi riceve con entusiasmo nel suo laboratorio ed io, nel calpestare la segatura e nell’inebriarmi con i profumi da essa emanati, inaspettatamente, vedo la me bambina che osserva il suo piccolo-grande nonno al lavoro.
Avverto un senso di quiete disarmante e mi rendo conto di non aver scelto a caso di fare visita a questo strepitoso artigiano.


Manuela Orrù: Ciao Luca, grazie infinite per avermi aperto le porte del tuo laboratorio e per aver deciso di donarmi un po
’ del tuo tempo prezioso. 
Da dove arriva questa tua passione per il legno? Hai frequentato dei corsi professionali o sei autodidatta?


Luca Pitzalis: Ciao Manuela, sono io che ringrazio te per avermi offerto la possibilità di parlare di me, del lavoro che amo e del legame affettivo che mi connette ad esso.
Da piccolo ho vissuto a casa dei miei nonni, mio nonno Angelo aveva la passione per il legno, amava l’intaglio e costruiva “scannixeddus” (tipica sedia piccola) e altri piccoli oggetti, tra i quali miniature di telai e giochi per me. Il mio hobby preferito era quello di andare nel suo garage, naturalmente super sigillato, nel quale io, in un modo o nell’altro, riuscivo ugualmente ad entrare; il mio obiettivo era quello di frugare e cercare di capire il funzionamento degli attrezzi. Capitava talvolta di danneggiare lo strumento a causa della mia inesperienza, ma nonno non si arrabbiava mai troppo perché capiva che la sua passione scorreva in me.
Quindi penso, anzi ne sono certo al 100%, che mio nonno mi abbia trasmesso questa arte, la sua arte.

Manuela Orrù: La tua passione per la lavorazione del legno arriva dal passato, quando hai iniziato a prendere seriamente in considerazione che avresti potuto usare il tuo dono e gli insegnamenti di tuo nonno per realizzare oggetti utili e meravigliose opere d’arte?

Luca Pitzalis: Nel 2014, con la mia compagna Sonia, abbiamo deciso di avviare un allevamento di api e di coltivare le erbe aromatiche (che ancora oggi alleviamo e coltiviamo).
Da quel momento inizia l
avventura. Acquistare tutte le attrezzature necessarie, implicava una spesa enorme quindi, avendo acquisito le basi della lavorazione del legno, ho deciso di provare a costruire io stesso le arnie; successivamente ho iniziato a costruire i poggia spezie.
Come insegna la storia, arriva il momento in cui l
uomo ha necessità di evolversi, così mi son fatto regalare prima l’attrezzatura per incidere il legno, successivamente un pirografo per iniziare a decorare i miei lavori con i disegni.


Manuela Orrù:
Dove reperisci la materia prima e in base a quale ragionamento la scegli per creare il lavoro che hai progettato?


Luca Pitzalis:
La scelta del legno è molto importante. Non tutti i tipi di legno si prestano e sono adatti ad ogni lavoro. Quando devo utilizzare il pirografo, occorre utilizzare legno duro come: leccio, roverella, olivo. Il legno morbido non è adatto per la pirografia, così come non lo è un legno troppo scuro nel quale, il disegno, non verrebbe esaltato in modo adeguato; se si ha a disposizione un legno chiaro con venatura particolare, anche meglio, poiché la venatura impreziosisce ulteriormente il disegno.
Per quanto riguarda la materia prima, per due motivi, ho scelto con convinzione di non acquistarla.
Il primo è che la nostra amata Terra ne offre in abbondanza. Personalmente ho la possibilità di reperirlo nei miei terreni attraverso l’arte della potatura o dalla naturale caduta di rami.
Il secondo è che, utilizzando il legno locale, i miei oggetti acquisiscono un’identità ben precisa, identità nella quale mi vedo e mi ritrovo e che mi rende fiero.

Manuela Orrù: Avendo la materia prima “in casa” la raccogli nel momento in cui ti serve, oppure ci sono regole da osservare anche nella raccolta e nella conservazione, prima di poterla lavorare?

Luca Pitzalis: Bella domanda. Molte persone credono di poter raccogliere il legno e di poterlo lavorare subito. Non è così. La stagionatura è un passaggio molto delicato, al quale devi prestare molta attenzione. Se si taglia un tronco d’estate e lo si lavora subito, si corre il rischio che il pezzo, troppo asciutto, si spacchi durante la lavorazione.
Per questo motivo taglio o raccolgo durante l’autunno, spingendomi al massimo verso marzo per le potature. Il legno quando si taglia deve essere bagnato e deve asciugare lentamente.
Dopo il taglio metto della colla o della vernice alle estremità del pezzo, per far sì che l’acqua trattenuta all’interno del tronco fuoriesca pian piano. La stagionatura dipende molto anche dalla tipologia del legno, essa varia da 1 a 3 anni, per questo motivo alcune volte, non ho sempre a disposizione la legna, per poter realizzare determinati lavori.
Questo ultimo aspetto, nel suo difetto, ha due pregi importantissimi: la rarità e l’unicità di quell’oggetto realizzato con quella tipologia di legname.

Manuela Orrù: Sei partito dalla costruzione delle arnie, necessarie per allevare le api, di questo ti ringrazio perché dimostri davvero di avere a cuore il nostro pianeta, per poi specializzarti e realizzare oggetti altrettanto utili ma notevolmente più raffinati. Ci sei arrivato per caso o è stata una scelta razionale e consapevole?

Luca Pitzalis: Appena avevo due soldi da parte, acquistavo nuove attrezzature, perché la mia sete di realizzare nuovi oggetti non si placava, e la soddisfazione nel vederli realizzati e nel saperli utili a qualcuno, mi riempiva di gioia. Avendo a disposizione nuove attrezzature, ho potuto diversificare i miei lavori. Ho acquistato un “traforo” e ho iniziato a realizzare presepi e sagome.
Nello stesso periodo ho acquistato la “cnc laser” a controllo numerico, un macchinario molto preciso, e ho realizzato segnalibri con disegni o didascalie, portachiavi con incisa la foto di una persona cara, piatti decorativi e rappresentativi come quello con la navicella storica degli Shardana.
Mentre lavoravo e realizzavo, la sete era sempre più grande, non mi bastavo più e ho iniziato a seguire corsi online per l
uso del “tornio” e, nel frattempo, mettevo da parte i soldi per poterlo acquistare.
Diciamo che, all’apparenza, sembra sia arrivato tutto per caso; in realtà, inconsciamente, è un desiderio innato che gradatamente è diventato realtà. Ho comunque dato tempo al tempo, godendo di ogni livello e passando a quello successivo solo quando dal precedente non ricevevo più abbastanza.


Manuela Orrù: Il tornio era fra i tuoi desideri perché avevi in mente di costruire qualcosa nello specifico. Un oggetto che ami particolarmente. Un oggetto per il quale io impazzisco, poiché esso è lo strumento che da sempre, ci permette di viaggiare nel tempo e nello spazio. Come, da dove o attraverso chi nasce l’amore smisurato verso questo oggetto che ti ha spinto impavido alla ricerca della perfezione assoluta?

Luca Pitzalis: Appena ho acquistato il tornio dovevo innanzitutto prendere confidenza con esso e dovevo acquisire una buona manualità. Mi sono cimentato nella realizzazione di “mortai” e “pestelli”, abbinando il loro utilizzo alle erbe aromatiche da noi coltivate. Successivamente, ho realizzato qualche piatto e molti svuota tasche. Dopo poco tempo, tutto questo non mi bastava più e sentivo ancora la necessità di evolvermi.
Decisi allora di fabbricare “penne”, con un chiodo fisso ben preciso nella mia testa: “la penna stilografica”.
Quando ho frequentato le scuole elementari, gli insegnanti si concentravano molto sulla forma, non esistevano i fotocopiatori e tutti i lavori andavano scritti a mano. Si imparava utilizzando la matita e, successivamente, si passava alla penna stilografica. Da qui il mio amore per le penne, in particolare per le penne stilografiche. Devo questo amore al maestro Giovanni Mura che, grazie alle sue competenze, al suo insegnamento e alla sua pazienza, mi ha permesso anche di avere una bella grafia.
Nel frattempo che prendevo confidenza con il tornio e affinavo la mia tecnica, mi istruivo.
Quando mi sono sentito pronto, ho ordinato vari kit per iniziare a realizzare penne a sfera e penne stilografiche. Inizialmente ero agitato perché avevo paura di non riuscire. Poi pian piano ho cercato di abbinare il legname più adatto, tenendo in considerazione anche i profumi emanati da ciascuno, ad ogni kit.
La penna finita è frutto di un progetto, studiato su carta; di una ricerca accurata del legname, della scelta della parte migliore di esso osservando le sue venature; del desiderio di dare nuova vita al legname raccontandone la storia.

Manuela Orrù: Ti va di raccontare ai nostri lettori cosa provi nel dare vita alle tue inimitabili opere d’arte?

Luca Pitzalis: Per me lavorare il legno è un qualcosa di indescrivibile. Osservarlo che cambia man mano che lo lavoro; veder apparire nuove venature, nuovi disegni che le venature formano nel loro percorso; accarezzare le superfici che cambiano durante la lavorazione; ammirare le curvature naturali che danno vita a forme bellissime.
Mentre lavoro al tornio scarico tutta la tensione, non penso più a nulla, solo a ciò che devo fare.
L’adrenalina sfiora i limiti massimi nel vedere il pezzo grezzo che gira ad alta velocità e nel cercare di trovare la giusta concentrazione per lavorarlo con la “sgorbia” toccandolo nel modo più leggero possibile per non rovinarlo. È come camminare sul filo di un rasoio. Il legname ti permette di entrare dentro il suo cuore per portar fuori una nuova, meravigliosa creatura, unica nel suo genere.
Questa nuova creatura, una volta finita, sarà figlia del legname, ma anche un po
 figlia mia.

Manuela Orrù: Che legame c’è tra la Sardegna e il legname e quanta Sardegna cerchi di traslare sui tuoi lavori?

Luca Pitzalis: La Sardegna è legata al legname da sempre. Con il legname gli Shardana costruivano possenti imbarcazioni. I nostri avi nuragici utilizzavano il legname e le frasche per le coperture dei loro edifici. Dal legno derivano molti nomi, cognomi, e molti nomi di paesi sono ad esso ricollegabili.
Il legame lavorativo è molto grande, anche se, purtroppo, molti mestieri di falegnameria con peculiarità in Sardegna son scomparsi e altri stanno pian piano scomparendo.
Nei lavori che eseguo cerco di mettere più Sardegna possibile. La Sardegna del presente nella sua modernità ma, in particolare, la Sardegna del passato, le nostre origini e radici, la nostra magnifica storia.


Manuela Orrù:
Il tuo tono è cambiato. Quanto e in che modo senti di appartenere alla tua Terra?

 
Luca Pitzalis: Sento di appartenere totalmente alla Sardegna. La amo profondamente in tutte le sue ricchezze e risorse. Ci son nato e cresciuto, di essa ho visto quasi tutto per lavoro e in qualche piccola pausa vacanza. Ho detto che la amo ma in passato l’ho odiata. Non odiata in senso stretto e brutto; ho odiato il dover far avanti e indietro per trovare un lavoro soddisfacente perché in quel momento, ciò che essa mi offriva, non era abbastanza. Dall’età di 20 anni sino ai 40 circa, ho lavorato fuori dalla Sardegna, tornando per brevi periodi perché avevo necessità di rigenerarmi.

Manuela Orrù: Alla fine sei tornato per restare. Secondo te, chi ha più coraggio, chi parte alla ricerca di un lavoro e di una posizione che gli permetta di vivere dignitosamente, nonostante lasci qui parte di sé, o chi resta e combatte ogni giorno per sopravvivere nonostante sia sempre più difficile anche a causa dello spopolamento?

Luca Pitzalis:
Ciascuno di noi cerca di avere coraggio. Ognuno ha il suo modo di vedere il coraggio nelle proprie azioni o in quelle degli altri. Personalmente penso che se in un posto sto male, non lavoro, non mi sento realizzato, preparo le valigie e parto. Penso anche che chi resta non potrà mai capire cosa voglia dire vivere con persone completamente diverse da se. Solo chi lo ha fatto può capire la bellezza che c’è nel prossimo. Per diverse volte ho condiviso la casa con il cuoco egiziano, il lavapiatti di Casablanca e altri colleghi stranieri; ho vissuto esperienze bellissime.
Mi rattristo quando ancora, nel 2024, sento frasi colme d’odio e di razzismo.
Certe menti non capiranno mai: siamo tutti uguali!

Manuela Orrù: Attualmente, la lavorazione del legname, non è un lavoro che ti impegna a tempo pieno, desideri che lo diventi?

Luca Pitzalis: Ho sempre una marea di cose da fare, in campagna, con le api, con i lavoretti che mi permettono di arrotondare per chiudere il mese. Per questo motivo non riesco a dedicarmi alla mia passione creativa, amo chiamarla così, a tempo pieno.
Attualmente, mi dedico ad essa un oretta o due al giorno, se considero anche il tempo che utilizzo per la ricerca e la progettazione.
Però, posso sinceramente affermare che vorrei diventasse un lavoro a tempo pieno.

(Manuela Orrù)

Info & Contatti
Luca Pitzalis:
Cell. 345 278 6487


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