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Ponti non muri: “Riflessioni da una buona lettura” di Mariuccia Spano


La recensione che segue, realizzata da Mariuccia Spano e originariamente apparsa nel 2010 sulla Rivista Ponti non Muri, patrocinata dalla Fondazione Banco di Sardegna, è dedicata al libro “Murad Murad” di Suad Amiry. La riproponiamo oggi grazie alla collaborazione tra Indielibri e l’Associazione Ponti Muri. Questa iniziativa nasce dal nostro comune interesse per la cultura palestinese e dalla solidarietà internazionale verso il popolo palestinese, che da decenni vive sotto l’occupazione israeliana e un feroce regime di apartheid.

Questa collaborazione prende vita in un periodo drammatico. Sono passati otto mesi dai fatti del 7 ottobre e a Gaza i bombardamenti israeliani e le ostilità continuano incessantemente, abbattendosi soprattutto sui civili inermi. Ospedali, case e infrastrutture sono state distrutte, lasciando Gaza in uno stato di devastazione totale. In otto mesi di guerra, oltre il 2% della popolazione infantile, oltre 26.000 bambini, sono stati uccisi o feriti in una campagna di bombardamenti che non risparmia scuole, ospedali e campi profughi. Si stima che circa 40.000 persone siano state uccise nel massacro in atto.

In questo contesto, ci sentiamo in dovere di unirci al coro di voci che da questa parte del mondo si battono per la fine del colonialismo e della barbara aggressione di Israele contro i civili palestinesi. Chiediamo un immediato cessate il fuoco. Come comunità di lettori, autori e operatori culturali in Sardegna, sentiamo la responsabilità di prendere posizione.

Indielibri offre il suo contributo riproponendo questa recensione che, a distanza di 14 anni, dimostra come i fatti del 7 ottobre siano la conseguenza della politica irresponsabile e ingiustificabile di Israele, che ha di fatto rinchiuso circa due milioni e mezzo di palestinesi in una prigione a cielo aperto. Le restrizioni alla mobilità imposte da Israele nella regione hanno causato una crisi sociale e umanitaria senza precedenti, ignorata dalla politica internazionale e taciuta dai media.

Vi invitiamo a leggere la recensione che segue.

Riflessioni da una buona lettura

In quest’ultimo libro la penna colta e ironica di Suad Amiry, abitante di Ramallah, architetto e docente di architettura presso l’Università di Birzeit, si piega sulla dura realtà dei Territori Palestinesi e sulle vicende degli abili “cacciatori della notte” che camminano, corrono, saltano per ore col favore delle tenebre in cerca di un’unica preda: 150 shekel (30 €), se va molto bene 250, quando al massimo di shekel in Cisgiordania se ne guadagnano 70. L’ingresso in Israele, per chi ce la fa a varcare muri e reticolati, avviene spesso quando purtroppo la giornata lavorativa è già finita. Ma nessuno si perde d’animo, soprattutto Murad, che con i suoi 21 anni è un veterano e non torna mai indietro. Murad Murad è un libro che interroga, denuncia senza retorica e senza pretese con la sola forza della testimonianza. E sì, perché anche Suad Amiry, la scrittrice, per una notte travestita da uomo, è stata anche lei “cacciatrice della notte”.

E Suad Amiry con le sue parole riesce a parlare direttamente con il lettore guardandolo negli occhi, dandogli la possibilità di immedesimarsi nel personaggio e fornendo insieme nuovi stimoli per un’interessante riflessione.

Molti affermano che quel che fa oggi lo Stato di Israele nei confronti della Palestina è una sorta di “difesa” del proprio territorio. Ma allora, ci si chiede, perché per “difendere” il suo territorio ne ha occupato altri non suoi? Perché Israele disattende da quasi 40 anni due Risoluzioni dell’ONU, la n. 242 e la n. 338, che impongono di ritirare le sue truppe dai territori occupati nel 1967 e nel 1973? Ma questo è un problema di diritto internazionale. Altri affermano che certi comportamenti, duri, derivano dalla “paura” che gli israeliani hanno dei palestinesi. Per “paura” li vessano, li umiliano, rubano le loro terre, sottraggono loro l’acqua deviandola e razionandola, li cacciano da Gerusalemme Est, non permettono l’accesso all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ai palestinesi provenienti da Gaza o dalla Cisgiordania. Hanno fatto però un gesto “sublime”: hanno abbandonato Gaza ma l’hanno blindata dall’esterno. Hanno costretto il popolo palestinese a vivere in una prigione: per il 60 %, la prigione è a cielo aperto (la Cisgiordania) e per il restante 40 % è una gabbia (Gaza). Dimenticavo: Israele è considerato dalla comunità internazionale uno Stato democratico; così democratico che pratica l’apartheid. Buon senso ed intelligenza politica vorrebbero che Israele riconoscesse gli Accordi di Ginevra, in virtù dei quali devono esistere due popoli con due Stati, con Gerusalemme capitale di entrambi ed un’equa compensazione ai profughi palestinesi. Ma se la cosa è un po’ lontana dalla loro ottica politica, come dice Moni Ovadia, famoso autore di teatro musicale di famiglia ebreo-sefardita: «È meglio se ci diamo una regolata: viviamo in un mare di arabi e in un oceano di musulmani… Se si vuole ricreare il ghetto, sarà un ghetto armato e blindato ma davvero un triste posto. Noi aspettiamo che diventi invece una terra di santità. Ma sarà possibile soltanto attraverso la pace e la giustizia perché pace e giustizia sono sinonimi.»

(Mariuccia Spano)

Murad Murad di Suad Amiry, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 172

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