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“Il raccolto dell’anima”: Franco Curreli racconta il suo esordio letterario


Franco Curreli
è originario di San Gavino Monreale, ma da anni vive e lavora a Olbia. Grande appassionato di lettura fin da ragazzo, ha trasformato la sua passione in scrittura con il romanzo d’esordio Il raccolto dell’anima, pubblicato da Catartica Edizioni all’interno della Collana In Quiete. Un esordio maturo e coinvolgente, che sta raccogliendo l’apprezzamento di molti lettori. Da marzo l’autore è in tour per presentare il libro in varie località della Sardegna. Lo abbiamo incontrato per fargli qualche domanda e per conoscere meglio la storia di Zemiro, il giovane protagonista del romanzo.

1) Franco, com’è nato il desiderio di scrivere Il raccolto dell’anima? C’è stato un momento preciso in cui hai capito che questa storia doveva diventare un romanzo?

Non è stato un desiderio ma una necessità. Il desiderio di scrivere l’ho avuto fin da piccolo ma non mi sono mai ritenuto all’altezza di esprimere letteratura. Appunto sempre impressioni, frasi, idee, sensazioni in agende che mi seguono ovunque. Quando questa passione è diventata un’ossessione sono stato dominato da un fuoco interiore che ho alimentato quotidianamente come un monaco.
Ho capito che doveva diventare un romanzo quando i personaggi diventavano reali quando, la sera, esausto, chiudevo gli occhi pensando a loro, e al mattino mi svegliavano con le loro vite in testa.

2) Il romanzo tocca temi forti: perdita, crescita, identità. Quale ti stava più a cuore affrontare?

Oggi rispondo tutti e tre, ma quando l’ho scritto è stato in modo inconscio. Ciò che mi ha dato forza, ciò che ha alimentato l’affrontare la pagina bianca è stato il tema della perdita.
Si scrive di ciò che si conosce. Io ho assaggiato il sapore amaro della perdita dei genitori piuttosto presto. Ti casca il mondo addosso. Terremoti emotivi, ecco cosa sono. Vanno elaborati. Mi stimolava l’affrontare il tema di ciò che resta: siano essi pensieri, foto, lezioni di vita, scritti... Scrivere — a modo mio — del fatto che una persona non è mai davvero andata via, finché è nei tuoi pensieri.
Quando ti balena all’improvviso, dipingendo un sorriso inaspettato mentre pensi ad altro.


3) Hai scelto di ambientare parte del romanzo nel 2006. C’è una ragione particolare per questa collocazione temporale?

Volevo che avesse un distacco temporale dal presente, perché ho bisogno di elaborare gli eventi prima di poterne scrivere, ma allo stesso tempo desideravo che fosse abbastanza recente.

4) Il tuo profilo Instagram è seguito da molti lettori. Di solito sei tu che suggerisci agli altri le letture. Com’è stato passare dall’altra parte e trovarsi a promuovere il proprio libro?

È stato imbarazzante. Fino alla prima presentazione non c’era nessuna foto del mio volto. Ho aperto la pagina Instagram per condividere con gli altri la mia passione per la lettura: brevi commenti sui libri che ho amato e citazioni che mi hanno segnato. Gli autori che leggo ci mettono tanto del loro per tenermi con i piedi per terra.
È gratificante ricevere commenti positivi da chi ha letto il romanzo, perché percepire che le mie parole sono diventate di un’altra persona, disegnando perimetri diversi dai miei, è qualcosa che sfiora la magia. Sono molto attento anche alle critiche negative, perché accendono un lume in angoli nascosti che non avevo visto, e ne faccio tesoro.

5) La storia raccontata nel tuo romanzo è ambientata in un paese del Sud Sardegna, San Gavino Monreale, e il suo protagonista, Zemiro, è una figura dalla personalità complessa che racconta, attraverso i ricordi, momenti cruciali del suo passato. Ma quanto c’è di autobiografico in lui?

Posso rispondere con: tutto e niente.
Tutto perchè ogni emozione che ho riportato l’ho provata personalmente. Niente perchè Zemiro è un personaggio letterario frutto della mia fantasia, non sono io sotto mentite spoglie.
C’è qualcosa di me in ognuno dei personaggi, Zemiro, il vecchio Riccardo, Carolina, Andrea. Riassumendo ai minimi termini, tanto di me è negli scritti che Zemiro trova nell’armadio della madre, ma lascio ai futuri lettori il gusto di trovarmi sotto la polvere!

6) Cosa ti auguri che resti nel lettore dopo aver letto il tuo libro?

Il profumo tangibile di un’atmosfera, il brivido di un’emozione. La sensazione di non aver sprecato del tempo. Leggere è un atto di fede e da lettore so quanto il tempo sia il bene più prezioso che abbiamo.
E chissà, il gusto di cercarmi ancora tra gli scaffali di una libreria.

7) Il raccolto dell’anima è il tuo primo romanzo. Hai già in mente un nuovo progetto letterario?

Sì. Da quando ho iniziato non ho mai smesso di scrivere.
È la mia terapia, decisamente più economica di un analista.
Un’enorme quantità di materiale è puro esercizio quotidiano, ma sono convinto che scrivere sia più vicino al lavoro dell’artigiano che a quello dell’artista.
In mezzo a questo marasma è emerso qualcosa: ci sto lavorando. Sto approfondendo il momento in cui la vita ci pone davanti a una scelta fondamentale. Per ora non aggiungo altro.

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