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Intervista a Luana Farina Martinelli: “La Dichiarazione” di Olympe De Gouges in Sardo, Italiano e Francese


Nel settembre del 1791, Olympe De Gouges pubblicò la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, un documento rivoluzionario che contestava l’esclusione delle donne dalla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789. Olympe De Gouges affermava coraggiosamente che “la donna nasce libera e resta eguale all’uomo nei diritti”, segnando un momento fondamentale nella storia del femminismo. La sua Dichiarazione non era solo una denuncia delle ingiustizie del suo tempo, ma un manifesto universale per la dignità e l’uguaglianza. La traduzione di questo testo in lingua sarda, realizzata da Luana Farina Martinelli, è un atto di valorizzazione culturale significativo. Luana Farina Martinelli, nata a Ozieri nel 1957, è un’attivista femminista, militante indipendentista, socialista, internazionalista e poeta. Con lei abbiamo scambiato due chiacchiere sul significato dell’opera, appena uscita per Catartica Edizioni:

1) Puoi raccontarci della tua storia personale e di come è nata la tua militanza femminista nell’attivismo politico?

Diciamo che lo spirito di indipendenza in me è innato, già da piccola era molto evidente, sia nei comportamenti in famiglia e in società, sia a scuola, nei giochi e nelle letture; forse perché come figure di riferimento avevo una nonna e una madre, per quei tempi, libere e determinate. Negli anni cruciali delle lotte femministe, che dilagavano nel mondo e in Italia, avendo 18 anni, quindi in piena “formazione” come donna, è stato facile e conseguente aderire alla lotta che dava risposte concrete al desiderio di decidere in autonomia della mia vita. Dico sempre che se non fossi stata prima femminista non sarei potuta diventare indipendentista, perché il percorso di autodeterminazione come donna e persona, è stato propedeutico alla scelta politica fatta nel 2012, dopo aver militato per anni, nell’area della sinistra antagonista non governativa di allora, pur non avendo mai aderito formalmente a nessun partito.

2) In che modo il tuo percorso artistico si intreccia con la tua militanza politica e quali sono i principi guida che ti ispirano?

Ho sempre avuto una concezione gramsciana “dell’arte come militanza”. Nello scrivere poesie o testi teatrali, oggi in me, è ancora più forte la necessità di affermare che l’arte, in tutte le sue forme espressive debba essere “un’assunzione di responsabilità” davanti ai fatti che succedono nel mondo, che siano vicini o lontani, non una semplice narrazione o un modo per “lusingare” chi gestisce il potere.

3) Cosa ti ha portato a tradurre la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” in lingua sarda? Che significato ha questo lavoro sul piano culturale?

Premetto che da oltre un decennio sto lavorando per riappropriarmi della mia lingua, quella sarda, e non è un percorso facile, perché l’uso della lingua italiana per la mia generazione era considerato un processo culturale “evolutivo ed emancipativo”, non invece ciò che è realmente: un’imposizione che ha indotto alla perdita della propria cultura. E dalla liberazione da questo “concetto malato di evoluzione ed emancipazione” che sono partita.
Con fatica, ma anche grande soddisfazione, procedo in questo cammino di riappropriazione di ciò che mi è stato tolto, studiando, leggendo, fino ad arrivare a pensare finalmente anche in sardo e riuscire a scrivere nella mia lingua. Certo la mia “italianità” linguistica ancora fa resistenza, ma non demordo.
A un certo punto, durante l’isolamento nel periodo Covid, mi è venuto in mente di iniziare a tradurre in sardo delle opere significative che riguardano, secondo me, processi evolutivi storici, filosofici e ideologici del femminismo, dell’autodecisione e autodeterminazione delle persone e dei popoli. Quindi, posso dire di aver provato culturalmente a prendere “tre piccioni con una fava”: lingua, femminismo e ideale politico.

4) Quanto è attuale il testo la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” di Olympe de Gouges nel contesto politico e sociale contemporaneo?

Olympe De Gouges è stata una femminista ante litteram, scrittrice, una rivoluzionaria che ha pagato con la vita (seconda donna ad essere giustiziata con la ghigliottina, dopo la regina Maria Antonietta, proprio dai suoi compagni rivoluzionari che l’avevano in odio!) l’essersi messa contro anche i compagni rivoluzionari che discriminavano le donne. Ha sempre rivendicato i diritti delle donne che non erano stati contemplati nella carta dei diritti del cittadino, al pari degli uomini francesi; ma non solo, rivendicava diritti anche per gli ultimi e gli invisibili di una società che nonostante la rivoluzione, in Francia, continuava e essere piena di contraddizioni sociali.
Oggi nonostante la presunta democrazia e il femminismo in apparenza attuato, ci troviamo nella stessa situazione di allora con troppe contraddizioni da superare. Quindi l’opera di Olympe De Gouges è ancora di estrema attualità.

5) Come vedi l’evoluzione del movimento femminista oggi rispetto agli anni ’70 quando hai iniziato la tua militanza? Quali sono le sfide principali che il movimento femminista deve affrontare oggi?

Sicuramente rispetto agli anni in cui io ho iniziato a militare oggi c’è una grande evoluzione. Siamo passate da un “femminismo generico” che rivendicava la parità di diritti di cui godevano gli uomini, che allora pensavamo andasse bene per tutte, ai “femminismi” tanti e differenti, per ogni esigenza e discriminazione che si subisce, non solo come donne, ma come donne appartenenti a determinati “categorie”, anche se il termine è brutto , ma rende l’idea. Oggi parliamo di femminismo intersezionale, di transfemminismo, che ha spostato l’attenzione sul fatto che ci sono donne che la discriminazione la vivono non solo per il genere (non più considerato binario maschi-femmina) ma anche dovuta al genere altro, all’abilismo, al razzismo, all’ageismo, all’omolesbotransfobia, alla classe, alla religione. Quindi stiamo parlando di messa in discussione di tutto il sistema sociale e di come questo si approccia ai diritti “delle persone” in un mondo in evoluzione!

6) Quali sono i tuoi progetti futuri riguardo alla promozione della lingua e della cultura sarda? Usciranno altri volumi simili a questo?

Sì, come già accennato in precedenza ho tradotto in lingua sarda altri testi filosofici e politici che reputo fondamentali rispetto ai temi del femminismo e dell’autodeterminazione: Kant, Lenin, Mary Wollstonecraft, Simon Mossa, La Carta di Algeri, La Carta di Brest, e le tante Dichiarazioni dei diritti all’autodeterminazione dei popoli di tutto il mondo, succedutesi nel tempo fino ad oggi. La lingua sarda penso renda più facile l’approccio a testi che forse in lingua originale o in italiano poche persone leggerebbero, invece la nostra lingua può rendere molto gradevole questa nuova lettura o rilettura.

7) Che messaggio vuoi lasciare alle giovani generazioni di attivisti e attiviste che cercano di portare avanti la lotta per l’uguaglianza e la giustizia sociale?

Messaggio è una parola grossa, e non mi piace, a proposito di femminismo e sovradeterminazione, dire cosa e come vanno portate avanti le lotte, però vorrei dire che quando si è convinte e convinti che la lotta è giusta e sacrosanta non bisogna avere paura di portarla avanti, di far sentire sempre e comunque la propria voce e anche farsi voce di chi voce non ha. Per esigere qualcosa non bisogna arrivarci solo attraverso l’esperienza personale della negazione di un diritto, ma essere sempre vigili su ciò che ci succede attorno anche se in apparenza non ci tocca direttamente, il diritto non è mai personale, altrimenti sarebbe un privilegio, il diritto per essere tale è sempre collettivo.



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