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La Dura Realtà dell'Autopubblicazione: Successo o Fallimento?

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Interlinea


In passato alcuni autori hanno ricorso all’autopubblicazione. O, se preferite, self-publishing.

Alcuni esempi:

Marcel Proust nel 1913 pubblicò a sue spese il primo libro de À la recherche du temps perdu dopo essere stato rifiutato da tre editori;

Jorge Luis Borges nel 1923 pubblicò a sue spese l’antologia poetica Fervor de Buenos Aires e la nascondeva nelle tasche dei cappotti dei critici che frequentavano la rivista Nosostros (importante centro di incontro degli intellettuali di Buenos Aires);

Margaret Atwood gestì in autonomia la sua opera d’esordio, una raccolta di poesie, e realizzò il libro con una stampante piana, progettò la copertina con blocchi di lino e distribuì solo 220 copie.

Molti aspiranti autori e autrici utilizzano questi esempi di successo per spiegare il loro personale insuccesso, sostenendo che esista una sorta di complotto per far sì che il loro libro non venga pubblicato. In realtà non è così. Qualsiasi casa editrice vorrebbe pubblicare il best-seller da un milione di copie.

Magari il vostro testo ha delle lacune troppo grandi da essere colmate anche con l’editing. Magari la storia è confusionaria perché la confusione è nella vostra testa. Magari il romanzo non rientra nella linea editoriale.

In Italia non esiste solo quella decina di case editrici che trovate in libreria ma ce ne sono circa quattromila. Se nessuna di queste trova la vostra opera interessante forse il problema non è la casa editrice.

E così tali autori e autrici ricorrono al self-publishing, completamente diverso da ciò che era in passato. Non era una scelta presa alla leggera, anche perché era molto dispendioso stampare duecento o trecento copie. Oggi, invece, chiunque può pubblicare il suo libro. Basta pagare. E neanche tanto.

In quest’epoca tutti scrivono, tutti cucinano, tutti recensiscono, tutti suonano, tutti ascoltano, tutti sanno fare tutto.

Nella vita si può anche non riuscire in qualcosa. Bisogna saperlo accettare. Non è un discorso da perdente. Solo da umano che comprende i propri limiti.

Oggi vorrei provare a smontare le tesi più note sul self-publishing.

“L’editoria tradizionale è composta da poche case editrici che fanno il bello e il cattivo tempo. Io voglio pubblicare da indipendente e levare potere alla grossa editoria”.

È vero. L’editoria tradizionale si regge su poche case editrici (raccolte in gruppi editoriali) che gestiscono il mercato italiano ed è davvero difficile approdare ad una di queste. Ma la risposta qual è? Dare altro potere ad un colosso mondiale come Amazon? Perché, diciamocela tutta, il 90% di chi si affida all’autopubblicazione va a finire su Amazon che offre un servizio piuttosto competitivo da quel punto di vista. Impaginazione, copertina e tutto quello che vuoi. Ma l’editing è all’altezza di quello di una casa editrice?

“Vorrei pubblicare ma non riesco. Nessuno accetta il mio manoscritto. Se voglio vedere la mia opera pubblicata devo farlo da solo”.

Non è necessario pubblicare le opere di tutti. Il mondo può benissimo fare a meno del tuo romanzo di viaggio in Thailandia in cui hai ritrovato te stesso. Se il desiderio è quello di vedere il tuo nome su una copertina, allora fallo. Poi della qualità dell’opera se ne può parlare.

“Con l’autopubblicazione guadagno di più”.

Vero anche questo. Ricorda però che dovrai accollarti tutto. Spese di pubblicazione, copertina, eventuale editing (la cugina che ha fatto il classico non conta), impaginazione, promozione e quant’altro. Tra tutte queste la promozione è la più difficile. Bisogna avere conoscenze di marketing e comunicazione, è quella che fa la differenza.

Siamo seri: se tu sapessi fare tutte queste cose come una casa editrice, allora proponiti per lavorarci a tempo pieno perché tutte farebbero a gara per averti. Potresti anche pagare dei professionisti per farlo al posto tuo, sia chiaro. Paghi un grafico, un editor, un correttore di bozze e poi autopubblichi. Ma se spendi soldi per questo perché non affidarti ad una casa editrice che te lo fa gratis? Forse il tuo problema ha a che fare con l’accettazione del rifiuto o della critica. In quel caso, consiglio un po’ di umiltà (e magari un pizzico di psicoterapia).

Ah non dimentichiamo che non avrai alcuna possibilità di finire in libreria. Dovrai appoggiarti alle piattaforme digitali per la distribuzione della tua opera.

Il self-publishing ha dato l’opportunità a molti autori di emergere ma, al tempo stesso, ha favorito la circolazione di libri di bassissima qualità.

Capisco che il desiderio di vedere il proprio nome in copertina sia forte. Però come lettore ho bisogno di un minimo di garanzia. Magari la storia non mi piacerà ma almeno so che su quel libro è stato fatto un lavoro di editing e che persone prima di me ci hanno messo il cuore e hanno scommesso su quel testo.

Da scrittore vorrei che la mia storia avesse un minimo di utilità per qualcuno, non per forza come insegnamento di vita ma anche come intrattenimento. Non mi interessano le vendite. Tanto ormai lo scrittore non vive di scrittura.

(Giuseppe Brundu)

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