Pubblicare con un editore: cosa significa davvero

Pubblicare con un editore non significa semplicemente stampare un libro. Significa entrare a far parte di un progetto più grande, di una visione condivisa. Spesso si tende a confondere l’editore con una tipografia, un equivoco alimentato dal proliferare dell’editoria a pagamento e dall’invasione sul web delle piattaforme che permettono di autopubblicare il proprio libro (Amazon è solo la più nota).

Ma l’editore è altro.
Una casa editrice è tale se ha una linea editoriale precisa, se è indipendente, se si fonda su un’idea, un progetto, una visione e un obiettivo culturale su cui costruisce la propria attività. Non deve mai essere confusa con una stamperia o con una casa editrice a pagamento. Un vero editore è un soggetto culturale che seleziona, cura, costruisce e comunica libri coerenti con la propria identità e con la propria idea di editoria.

Quando un autore sceglie di pubblicare con un editore (e non di autopubblicarsi), deve sapere che questa scelta comporta anche dei comportamenti da rispettare. Perché, da quel momento, il libro non è più solo “suo”. Sulla copertina c’è anche il nome della casa editrice: quel libro diventa il frutto di un lavoro collettivo.

Prima della pubblicazione c’è infatti un percorso fatto di editing, di correzioni, di confronto tra autore ed editore. Se questo processo non esiste, difficilmente il risultato sarà un buon libro. L’editing serve a migliorare il testo, a renderlo più efficace, coerente e leggibile. È un lavoro artigianale che richiede fiducia reciproca e rispetto dei ruoli.
E non parliamo solo di eliminare i refusi o di ottenere una veste grafica perfetta, ma della realizzazione di un prodotto che abbia una propria dignità nel mare magnum di autopubblicazioni e di pubblicazioni a pagamento, o tra i numeri della grande industria editoriale che risponde principalmente alle logiche del mercato: grandi tirature, interessi milionari che ruotano attorno alla filiera – dalla distribuzione ai premi, dalle kermesse letterarie fino ai finanziamenti pubblici – in un sistema dove spesso è difficile distinguere il valore culturale dalla semplice logica del profitto.

L’estetica del libro – la copertina, la grafica, la disposizione dei testi (fuori, sulla copertina, e dentro), la presenza o meno di citazioni o ringraziamenti – non sono competenza dell’autore, ma dell’editore. Tutto deve rispecchiare la linea editoriale e grafica della casa editrice, perché ogni libro è anche parte di un catalogo, di un’identità visiva e culturale condivisa.

Se non ti sta bene, autopubblica.
Ma se scegli di pubblicare con un editore vero, che rischia di suo sul mercato, che lavora nell’interesse di diffondere il tuo libro – sì, anche come attività commerciale, ma prima di tutto come atto culturale – allora accetta di far parte di un progetto più grande del tuo libro: quello dell’editoria come spazio collettivo di idee, visioni e responsabilità culturale condivisa, in cui riconoscere il lavoro dell’editore (che è quello che farà arrivare al pubblico il tuo libro) oltre che il proprio.

(Giovanni Fara)

One Comment

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  • Andrea

    21/10/2025 / at 20:41 Rispondi

    Questo è uno dei motivi per i quali si scrive con aspirazioni di pubblicazione: raccontare una storia e condividerne il percorso che l’arricchirà rendendola di tutti. L’autore dà vita alla storia, l’editore le dà la voce.

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