Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite della Palestina. Francesca Albanese

Quando il mondo dorme di Francesca Albanese è un libro che dovrebbe essere letto soprattutto da chi denigra l’autrice, da chi la giudica attraverso pregiudizi o accuse infondate di antisemitismo e di vicinanza a Hamas. Il libro è scritto ed è un percorso di consapevolezza individuale condivisa, da cui ho tratto la mia riflessione.

Sono cresciuta con l’idea che lo Stato di Israele sia stato fondato sulla base della narrazione “un popolo senza terra per una terra senza un popolo”. Albanese parla della costruzione di questa narrazione, della invisibilizzazione del popolo di Palestina, della soppressione della sua storia a beneficio della legittimazione degli insediamenti coloniali in un territorio che era già storicamente abitato. Il libro dà voce a testimonianze importanti: Albanese parte dall’ordito che è la storia, la trama sono i racconti che formano l’arazzo finale, ciò che abbiamo davanti agli occhi.

Delle dieci storie, mi vorrei soffermare sul rapporto breve ma intenso dell’autrice con Alon Confino, storico e titolare della cattedra Pen Tishkach di studi sull’Olocausto presso l’Università del Massachusetts, Amherst. Nel 2024 Confino pubblica il suo ultimo libro, Un mondo senza ebrei. L’immaginario nazista dalla persecuzione al genocidio, ed è autore, insieme ad Amos Goldberg, di una pubblicazione intitolata In che modo Israele distorce le accuse di antisemitismo per proiettare i propri crimini sui palestinesi.

Albanese descrive il loro rapporto, nato da un contatto avviato da Confino, che ha sempre sostenuto l’autrice, dandole una visione che le consente, nonostante i detrattori, di riconoscere il desiderio degli ebrei vittime dell’Olocausto di avere uno Stato, ma non a spese di un popolo e del proprio territorio.

La storia di Ghassan Abu Sitta, chirurgo britannico-palestinese specialista in medicina di guerra, è emblematica riguardo la reazione che si ha nei confronti di chi si mette al servizio del popolo palestinese. Lui ha lavorato negli ospedali Al-Shifa e Al-Ahli a Gaza prima di essere evacuato dalla Striscia; successivamente è stato espulso dal suolo francese e, via via, interdetto da altri paesi europei. La sua nomina a rettore dell’università di Glasgow è oggetto di contestazioni. Eppure la testimonianza di Abu Sitta è preziosa per capire il piano del governo israeliano, il cui obiettivo è rendere Gaza un luogo inabitabile, attuando la completa distruzione e devastazione del sistema sanitario, abbattendo le strutture ed eliminando il personale medico con arresti indiscriminati e uccisioni di civili: oltre 1.600 fra medicə e infermierə sono le vittime a oggi.

Francesca Albanese segue il filo del diritto, non si fa intimidire e porta avanti il suo lavoro con serietà e imparzialità. In questo libro dà voce alle persone di Palestina, ma allo stesso tempo spiega i meccanismi messi in atto per contrastare ogni critica a Israele, definita l’unica democrazia in Medio Oriente, nonostante da decenni agisca in regime di apartheid. Parla di Humanitarian camouflage, ovvero come Israele riscrive le leggi della guerra per legittimare il genocidio a Gaza. Scrive della Jerusalem Declaration on Antisemitism (JDA) e ne elenca i punti, adottati in pieno dai paesi occidentali, per cui “antisemitismo” è “… discriminazione, pregiudizio, ostilità o violenza contro gli ebrei in quanto ebrei (o contro le istituzioni ebraiche in quanto ebraiche)”. Include 15 linee guida, divise in tre sezioni, che “aiutano” nell’identificazione dell’antisemitismo, con esempi di discorsi e comportamenti nei confronti di Israele e Palestina che sono o non sono antisemiti.

Eyal Weizman, architetto anglo-israeliano, racconta come la colonizzazione a Gaza, in Cisgiordania e nei territori occupati si attui attraverso la forma dello spazio. In un libro tradotto in italiano come Spaziocidio, troviamo l’analisi che vede la distruzione degli spazi e la costruzione di modelli che mostrano come si sveli il progetto di sostituire, anche con gli insediamenti dei coloni, ogni spazio vitale ai danni dei palestinesi. Una ricostruzione come quella prevista nel recente piano Trump sarebbe un completamento del progetto che non include i palestinesi. Questa storia dell’occupazione, raccontata partendo dalla trasformazione dell’ambiente, è chiave per comprendere la complessità del presente, ma anche un’anticipazione del futuro: l’annichilimento della vitalità e della bellezza della Palestina fa parte del progetto di sterminio ed è lontanissimo dall’accettazione del riconoscimento dei valori di uguaglianza e della condivisione degli spazi di due popoli che abitano la stessa terra.

Francesca Albanese, attraverso questo libro, guida chi legge in un percorso in cui storie non ordinarie o di gente comune si intrecciano con atti di barbarie. Tra queste, c’è la vicenda di Mary Manning, cassiera di Dunnes Stores a Dublino, che il 19 luglio 1984, seguendo la linea del suo sindacato, si rifiutò di passare alla cassa due pompelmi provenienti dal Sudafrica allora in piena apartheid, dimostrando come la solidarietà e la coscienza civile possano fare la differenza. Sono queste storie comuni a sostenere il cambiamento e, personalmente, credo fermamente che nulla potrà fermare l’ondata di solidarietà verso il popolo palestinese, il cui genocidio in atto viene ancora negato.

Leggere è un atto rivoluzionario? Non lo so ancora. So che leggere Quando il mondo dorme è, per usare parole di Albanese, come sfogliare una cipolla, togliendo ogni strato che ci impedisce di vedere e capire.

Free Palestine

Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite della Palestina, Francesca Albanese, Rizzoli.

(Giovanna Casagrande)

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