
A Charleville, nelle Ardenne francesi, nasce Arthur Rimbaud, uno dei poeti più folgoranti e misteriosi della modernità. La sua vita, breve e bruciante, sembra la traiettoria di una cometa: attraversa il cielo della letteratura con violenza e splendore, lasciando dietro di sé una scia di parole che ancora oggi illuminano il buio.
Rimbaud cresce in una famiglia rigida, tra la severità della madre e l’assenza del padre. Fin da bambino dimostra un talento precoce, un’intelligenza tagliente, una fame di conoscenza e di libertà che la piccola città di provincia non può contenere. A sedici anni scrive già poesie che paiono dettate da una voce venuta da un altro mondo. È l’età delle fughe, delle lettere infuocate, dell’incontro con Paul Verlaine: il maestro che sarà presto discepolo, amante, nemico.
Nelle sue opere, brevi e abbaglianti, Rimbaud smonta la poesia tradizionale e ne reinventa la lingua. Il battello ebbro, Una stagione all’inferno, Illuminations: testi che sembrano sogni febbrili, visioni scaturite da un inconscio in rivolta. La sua parola è corpo e musica, ribellione e profezia. “Io è un altro”, scrive, annunciando una rivoluzione che anticipa di mezzo secolo le avanguardie del Novecento.
E poi, improvvisamente, il silenzio. A vent’anni Rimbaud smette di scrivere. Abbandona la poesia come si abbandona un fantasma che non si può più sopportare. Parte: prima per Bruxelles, poi per l’Italia, Cipro, l’Africa. Si trasforma in mercante, esploratore, uomo d’affari. Il poeta maledetto diventa un nomade del mondo.
Muore a Marsiglia nel 1891, a trentasette anni, con un passato che ormai gli appartiene solo per fama. Ma la sua leggenda, alimentata dal mistero del suo silenzio, non ha mai smesso di crescere. Rimbaud è rimasto il simbolo della poesia assoluta, dell’urgenza di dire l’indicibile, del rifiuto di ogni compromesso.
Guardando la celebre fotografia che lo ritrae adolescente – il volto sottile, lo sguardo assorto, i capelli spettinati – sembra di cogliere già tutta la sua storia: l’inquietudine, la purezza, la fiamma. Arthur Rimbaud, il fanciullo che volle essere veggente, continua a parlarci non solo con le sue parole, ma con il suo silenzio.
(Salvatore Palita)






