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Editoria a pagamento 2.0: il caso del crowdfunding


Interlinea

Come promesso, gli articoli sull’editoria a pagamento non erano mica finiti. Anzi, sono appena iniziati.

Questa volta voglio parlarvi della pratica del “crowdfunding” applicata all’editoria. Sì, perché il crowdfunding viene utilizzato in tanti campi, perlopiù artistici, ma nell’editoria assume un aspetto molto diverso a causa di parametri strutturali propri dell’editoria e del concetto di libro.

Ho già spiegato che cos’è l’editoria a pagamento ma sempre meglio essere chiari.

È ogni forma di pubblicazione tramite casa editrice che preveda un contributo in denaro da parte dell’autore, ovviamente da corrispondere all’editore. Non è importante quale sia il fine del contributo, o in che voce sia nel contratto. È editoria a pagamento quando l’editore obbliga l’autore ad acquistare copie del libro, promuoverlo, organizzare le presentazioni, per l’editing, la copertina, l’impaginazione. In sostanza, per tutto.

Che cos’è invece il “crowdfunding”?

È un “finanziamento collettivo, di solito attraverso Internet, di iniziative sociali, politiche e commerciali. […] Rientrano inoltre nel c. donazioni, sempre online, per enti caritatevoli, candidati politici e associazioni non-profit e l'acquisto anticipato di libri, musica e altri prodotti culturali in modo tale da finanziare preventivamente gli autori e gli editori per la loro realizzazione”( Fonte: Treccani).

Questa è la nozione generica ma quando viene applicata all’editoria questa pratica assume tutti i tratti dell’editoria a pagamento. Con alcune piccole differenze. Ma sempre editoria a pagamento rimane.

Nella stragrande maggioranza dei casi, dopo l’invio del manoscritto, sulla piattaforma del servizio viene avviata la campagna di finanziamento, correlata di sinossi e una breve anteprima non editata del romanzo, e se il libro raggiunge il numero di preordini stabilito viene pubblicato. In caso contrario, i soldi verranno restituiti e il libro non vedrà la pubblicazione. In sostanza, la pubblicazione si basa sul raggiungimento di un numero prestabilito di preordini e non su una valutazione. La campagna può essere sostenuta da chiunque ma diciamoci la verità: quelli che preordinano un libro su una piattaforma del genere sono amici e parenti dell’autore. In rarissimi casi uno sconosciuto finanzia uno sconosciuto.

Due precisazioni:

1) ho usato la terminologia “piattaforma del servizio” perché si tratta di un sito che offre un servizio, vale a dire la stampa del romanzo al raggiungimento di un certo traguardo. Non è una casa editrice perché non fa selezione, non si assume il rischio d’impresa, la promozione non è prioritaria, non ha una linea editoriale, non presenta collane;

2) il crowdfunding è un sistema utilizzato in vari campi artistici come la creazione di giochi o le action figures ma in questi casi, nel sito del servizio, viene già mostrato il prodotto finale e ciò che manca è il denaro per la creazione del progetto. Nel caso del crowdfunding applicato all’editoria il preordine si basa sull’acquisto di un’idea di storia e non sarebbe possibile, per questioni strutturali, visionare il progetto completo.

Finite le precisazioni, torniamo a noi.

Il crowdfunding lo considero una nuova forma di editoria a pagamento, in quanto viene richiesto del denaro per la pubblicazione di un libro ad un soggetto diverso dall’editore, figura attorno a cui dovrebbe ruotare la casa editrice e il rischio d’impresa. Quest’ultimo viene spostato dall’editore al lettore. Una casa editrice non a pagamento (o “free”) esercita una valutazione rigorosa nei confronti delle proposte giunte in redazione, anche (e soprattutto) in base al manifesto editoriale. Non pubblica qualsiasi cosa le capiti a tiro. Se la storia non vale o il manoscritto presenta numerose criticità, non si procederà alla pubblicazione. E questo senza chiedere denaro a prescindere.

Il crowdfunding è solo un modo inventato per pubblicare sul sicuro ciò che altrimenti si faticherebbe a vendere, visto che così non si rischia nulla. Senza contare che tale pratica d’impresa si rende responsabile dell’inquinamento del mercato provocato da una sovrapproduzione che nel 2023 si è aggirata intorno ai novantamila titoli pubblicati, di cui il 30% non ha venduto neanche una copia.

Io capisco anche che il periodo storico e sociale in cui viviamo sia caratterizzato da un bisogno di riconoscimento in ogni campo ma chi sfrutta questo bisogno di riconoscimento è solo uno speculatore, non un paladino della cultura come vi fanno credere. Senza contare che spesso e volentieri il bisogno espresso da un autore non è scrivere un buon romanzo, ma pubblicare il proprio romanzo.

Queste realtà offrono solo l’impressione di essere liberi. Mentre si chiede una contropartita anticipata. Questa è libertà?

Voglio lasciarvi con una domanda, rivolta a chi ha già pubblicato con il crowdfunding: siete stati pubblicati perché valete come scrittori o perché avete raggiunto il numero di preordini?

(Giuseppe Brundu)

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