ArtEntu assolto: una vittoria simbolica per l’arte e il territorio

Punto e a capo

Ieri è arrivata la sentenza di assoluzione per i sei attivisti del Collettivo ArtEntu, nato nell’ambito della lotta contro la speculazione energetica in Sardegna. Il gruppo, composto da artiste e artisti sardi, ha la sua base nel nord dell’isola ed era stato protagonista dell’Azzada del 13 agosto 2024: una manifestazione caratterizzata da un candeliere laico e simbolico, portato fino al Comune di Sassari per sensibilizzare l’amministrazione – allora appena insediata – del sindaco Giuseppe Mascia.

Mascia, in quell’occasione, aveva incontrato i manifestanti dichiarando di non poter ancora prendere posizione in mancanza di un esame approfondito delle carte. Aveva però promesso di studiare la questione della speculazione energetica, che da tempo minaccia il territorio sassarese.

La sua presenza in aula durante il processo non sappiamo se sia stata determinante, ma di certo è stata significativa e non scontata. È apprezzabile, infatti, quando un sindaco sceglie di metterci la faccia, riconoscendo il valore di un gesto artistico e civile.

L’assoluzione era, in realtà, inevitabile: che gli attivisti non avessero l’intenzione di vandalizzare alcunché era piuttosto evidente, e all’arrivo delle forze dell’ordine avevano subito spiegato le ragioni del loro gesto simbolico – tutt’altro che un atto di imbrattamento. L’intervento artistico, rimasto incompiuto proprio per l’arrivo dei tutori dell’ordine, voleva abbellire uno scorcio periferico della città, uno di quei luoghi che finiscono facilmente per diventare realmente degradati, veicolando al contempo un messaggio di tutela del territorio.

Una denuncia che, a conti fatti, non avrebbe nemmeno dovuto essere presentata: sarebbe bastato il buon senso, invece della consueta tendenza a reprimere ogni forma di espressione sociale e artistica nello spazio pubblico. Il valore simbolico dell’azione di ArtEntu sta infatti nella rivendicazione del diritto a vivere e condividere collettivamente gli spazi urbani.

Persino il pubblico ministero, durante l’udienza, ha chiesto l’assoluzione, rilevando che “erano assenti sia l’elemento soggettivo che oggettivo del reato”.
Tutto bene, dunque, ma questa vicenda dovrebbe aprire una riflessione più ampia.

Facciamo un passo indietro: il disegno realizzato dal collettivo – raffigurante i Giganti di Mont’e Prama – simboleggiava la lotta in difesa del territorio e della bellezza del patrimonio ambientale e culturale sardo, minacciato dalla speculazione delle multinazionali dell’energia.

Su queste pagine avevamo già polemizzato sul silenzio del sindaco Mascia, che a oltre un anno dal suo insediamento non si è ancora espresso chiaramente sul tema. Eppure la speculazione energetica che avanza attorno a Sassari riguarda direttamente la città, diventata da aprile di quest’anno Città Metropolitana, comprendente 66 comuni e circa 325 mila abitanti.

Nel territorio sassarese si moltiplicano i progetti di impianti fotovoltaici e agrivoltaici che occupano estensioni enormi di terreni agricoli, in molti casi pari a superfici come quella di Porto Torres. Progetti promossi in  prevalenza da multinazionali straniere, con un impatto potenzialmente devastante sul paesaggio, sull’agricoltura e sull’ambiente locale.
Su questo, il sindaco di Sassari ha qualcosa da dire?

La seconda riflessione riguarda invece la street art. Tempo fa lo stesso Mascia aveva dichiarato l’intenzione di installare decine di telecamere per impedire le scritte sui muri, bollate allora – in un video – come atti di vandalismo. Eravamo rimasti colpiti da un messaggio che sembrava cercare consensi facili, quelli degli hater da tastiera, piuttosto che aprire un dibattito serio e costruttivo su come far rinascere un centro storico in balia dell’abbandono e del degrado. Una condizione di cui la politica porta la prima responsabilità, per la sua incapacità di agire nell’interesse di chi la città la vive davvero.

Forse, questa presenza al processo rappresenta un cambio di paradigma – o almeno lo auspichiamo: la consapevolezza che l’espressione artistica urbana non è sempre vandalismo da reprimere, ma può essere una forma di linguaggio sociale e politico. Le città vivono anche attraverso i loro muri, le loro strade, i segni di chi le abita.

E forse è proprio questo il messaggio che ArtEntu, con la sua azione, ha voluto lasciare: le strade appartengono a chi le vive.

(Giovanni Fara)

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