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Il tema del razzismo nel prossimo libro di Ivo Murgia

George Floyd era un afroamericano morto il 25 maggio 2020, dopo che l'agente di polizia di Minneapolis Derek Chauvin si inginocchiò sul collo di Floyd per almeno sette minuti, mentre era ammanettato e giaceva a faccia in giù sulla strada.

Ivo Murgia annuncia l'uscita del suo prossimo libro per Il Cenacolo di Ares, prevista per fine 2020, con un estratto che introduce il tema del razzismo. Argomento di grande attualità dopo i fatti di Minneapolis che hanno riacceso il dibattito sulla violenza della polizia negli USA e sulle discriminazioni nei confronti degli afroamericani.  
Un brano che pone interrogativi che ci mettono inesorabilmente davanti al nostro e all'altrui razzismo.   

«Io sono razzista? Vi siete mai fatti questa domanda? E, nel caso, come vi rispondeste? Io sì, me la sono fatta spesso. Ci pensavo ogni volta che i marocchini mi specificavano che loro non erano africani, che gli africani erano quelli con la pelle nera e che loro erano diversi. Probabilmente lo dicevano senza cattiveria, cercando di gestire una questione delicata e complessa come quella dell’identità, sia personale che della comunità di appartenenza. A volte però, mi chiedevo se questa specificazione non avesse qualche venatura di razzismo, più o meno conscia.
Non so per quale motivo ma uno ci dev’essere senz’altro, e magari più di uno, ma mi pare di capire che la pelle nera, in giro per il mondo, non piaccia tanto. Forse il colore troppo scuro, forse il suo odore, forse non è considerata buona creanza avere troppa melanina addosso. Oppure i bianchi avevano paura degli uomini neri e hanno attivato un meccanismo di difesa per demonizzarli, oppure volevano rubare le loro ricchezze e cercavano di rappresentarli nel modo peggiore possibile, per avere una scusa per coprire qualsiasi nefandezza e lavarsi la coscienza. Sta di fatto che, ancora oggi, sulla pelle nera pesi uno stigma sociale molto forte, spesso associato a discorso di superiorità della razza. Certamente il razzismo non è un discorso che riguarda solo i bianchi ma proprio l’uomo in quanto tale, anche gli asiatici sono razzisti e pure i neri, è proprio una caratteristica tipica della bassezza dell’essere umano.
Ma quindi io sono razzista? Probabilmente a livello “macro” direi di no, nel senso che se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo “Sei razzista?” risponderei sicuramente di no e potrei portare a mio sostegno anche diverse prove: l’essere stato diverse volte in Africa, avere amici africani, uscire e frequentare normalmente amici “di colore”, e anche questa espressione non scherza in quanto a schifo, avere avuto delle compagne africane o perfino amare la cucina africana. Ciò vale non solo per gli africani ma anche per gli asiatici, i rom, nativi e aborigeni di qualsiasi parte della terra, verso i quali sono naturalmente incuriosito e non ho ostilità preconcette. Ma mi sono sempre chiesto sinceramente se, a parte questi grandi proclami di amore ecumenico e universale, anche io non abbia i miei piccoli razzismi quotidiani, quelli che mi porto in valigia quando sono in viaggio all’estero. Cosa direi se una mia sorella o amica si fidanzasse con un negro o con uno zingaro? E uso volutamente queste espressioni così forti e cariche di significato negativo. Resterei impassibile o ne sarei turbato? Forse ne sarei spiazzato, anche se giuro e spergiuro di non essere razzista. Proprio perché si tratta di una cosa tipica dell’uomo, sulla quale bisogna vigilare ogni momento per non restarne imprigionati, anche inconsapevolmente. Anche i Sardi possono essere, e sono stati, oggetto di razzismo. E chiunque di noi, di qualsiasi provenienza, lo può essere. C’è sempre qualcuno che vive più a nord di noi, più bianco di noi, più ricco di noi, più bello di noi e più stronzo di noi. Per quel che mi riguarda, qualsiasi discriminazione basata su elementi così superficiali mi risulta odiosa. L’idea che ho io di questa permanenza terrena è di un viaggio piuttosto breve, nel quale dobbiamo aiutarci e perdonarci vicendevolmente, cercando di fare cose buone con gente buona. Le persone cattive esistono e hanno una loro funzione, e anche le cose cattive e dolorose con il loro scopo, ma, data la brevità del nostro passaggio terreno, io preferisco spendere questo tempo per imparare, crescere ed evolvermi con persone a me affini. Di che colore, razza, altezza, dimensione e ricchezza siano queste persone per me non fa nessuna differenza, se abbiamo delle cose in comune e la possibilità di arricchirci spiritualmente a vicenda. Le differenze mi piacciono, intendiamoci, la diversità è cultura, l’uguaglianza deve essere perseguita nell’accesso ai diritti e non deve cancellare la ricchezza delle differenze culturali, sociali e umane.
E viaggiare è sicuramente uno dei modi migliori per schiarirsi le idee, a proposito di queste questioni. Fuori dal proprio ambiente, a contatto con gente nuova e diversa, tutto si rimescola e si rimette in ballo, le nostre sicurezze vacillano. Questa volta sono io in minoranza, in un ambiente che non conosco e non mi conosce, più vulnerabile, insicuro e solo. E spesso, in occasioni del genere, si capisce che siamo tutti nella stessa barca, che tutti abbiamo bisogno di tutti, nessuno escluso, che dobbiamo aiutarci l’un l’altro, per condurre nel migliore dei modi questa avventura. Come dice un mio amico senegalese, “Non abbiamo un passato in comune ma abbiamo un futuro da costruire insieme”.»

di Ivo Murgia

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