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“Convulsioni. Le confessioni di un copywriter”. Quattro chiacchiere con Paolo Sfirri


“Convulsioni” di Paolo Sfirri è senza dubbio la pubblicazione più originale tra le opere selezionate dalla casa editrice sarda nel corso del 2021. Un libro di difficile classificazione, inserito nella collana di punta
In Quiete. Uscito assieme ad altri 17 titoli, è quello che più ha rappresentato lo spirito con cui Catartica sceglie da quattro anni a questa parte di portare avanti la sua produzione editoriale. Poche selezionatissime novità capaci di sorprendere sia per stile che per contenuto. Paolo Sfirri ha scritto un libro atipico, per certi versi rivoluzionario, scardinando ogni logica narrativa e andando oltre l’idea della destrutturazione della trama. Un libro che sorprende per la capacità di raccontare attraverso un linguaggio diretto e modernissimo una storia che contiene più storie e che riesce a tenere il lettore incollato alle pagine per svelarne via via il contenuto spiazzante.
A Paolo abbiamo rivolto alcune domande:

1) “Convulsioni. Le confessioni di un copywriter” è un libro inconsueto, composto da componimenti brevi, pensieri, poesie e da un vocabolario. Ma di cosa parlano di preciso le tue storie?
Di inquietudine e di paranoie legate alla difficoltà di espressione, alla ricerca delle parole. Questi due argomenti sono il collante precario che tiene insieme tutti i differenti componimenti.

2) Come nasce l’idea di pubblicare un libro? Avevi intenzione di trasmettere un particolare messaggio al lettore?
Ho sempre dedicato tempo alla scrittura, pubblicare un libro rappresentava un obiettivo e un punto di partenza. In 
“Convulsioni” il messaggio è sotterraneo, lo potrei riassumere in “non è facile comunicare”. Dall’insieme spero che il lettore percepisca una spinta consolatoria e motivazionale. Il libro si rivolge in particolare a chi scrive per lavoro, ma parla anche a chi indaga il proprio rapporto con la comunicazione intesa come atti semplici, le cose non dette (o dette male) agli attori della nostra quotidianità.  

3) Il significato delle parole è al centro del tuo libro che è in parte un vocabolario dialettale. Che valore ha per te riuscire a rappresentare la modernità e il contesto sociale di un territorio attraverso l’uso del dialetto?
Il dialetto non smette mai di costruire nuovi scenari perché è uno strumento fluido a disposizione dei parlanti, serve a evocare bisogni, quindi invecchia bene, si adatta alle necessità di chi lo utilizza. Guardo al dialetto come alla foto di un momento storico: il dialetto che parlo io è certamente diverso da quello parlato da mia nonna quasi un secolo fa, eppure entrambi condividono un nucleo di significati che viaggia nel tempo. A questo zoccolo duro di parole, che potrebbe essere la versione base, quella ereditata, possiamo apportare un numero illimitato di modifiche estetiche, dettate dalla creatività e dal bisogno di identificare nuovi oggetti, azioni, sentimenti. Finché parleremo esisteranno dialetti, perché esprimono l’esigenza umana profonda di sentirsi parte di un gruppo, quindi ogni generazione arricchirà il proprio vocabolario dialettale dei termini di cui necessita per rappresentare la propria realtà. 

4) Nel libro fai uso dello schwa, la piccola ‘e’ rovesciata (ә) che da qualche tempo sta lanciando la sfida alla lingua italiana nel senso del rispetto di un’inclusività o, per meglio dire, di una “convivenza delle differenze”. Spiegaci il motivo di questa scelta e, se ci sono state, delle reazioni dei lettori.
In alcuni brani ho sentito l’esigenza di svincolare la voce dell'io narrante da un’identità di genere, sia per un discorso di immersività, sia per un intento sperimentale della lingua. Ero curioso di provare l’utilizzo di una desinenza non binaria per valutarne l’efficacia all'interno di un flusso di lettura. In tal senso le conclusioni che traggo non sono definitive, non voglio vendere la schwa piuttosto che un altro segno grafico, però sento l’esigenza di esplorare l’uso della lingua senza pigrizia – come accennato per il dialetto – al fine di renderla più appropriata alle esigenze comunicative che abbiamo qui e ora.

5) Quanto c’è di te in questo libro?
Ho seminato esperienze personali, convinzioni e parole che sento mie, però ho cercato di svilupparle in direzioni che non fossero per forza aderenti alla mia visione. Volevo costruire un personaggio peggiore e migliore di me.

6) Come è nato l’incontro con Catartica e cosa ti ha convinto a pubblicare con un piccolo editore sardo?
Quando ho completato “Convulsioni, le confessioni di un copywriter” ero conscio della particolarità dell'opera, quindi per prima cosa ho cercato di conoscere meglio il mercato editoriale. Ho stilato una lista di piccoli e medi editori che avessero delle collane adatte a ciò che proponevo. Tra queste Catartica è stata la CE che mi ha risposto con maggiore entusiasmo e serietà; già dai primi contatti i temi condivisi, la visione e non ultima la qualità materiale dei libri, mi hanno convinto a superare i dubbi legati alla distanza. 

7) Apprendiamo dalla tua biografia che oltre alla passione per la scrittura e la lettura c’è anche quella per il mondo della sceneggiatura del cinema e che la tua carta dei tarocchi è il Mago, che rappresenta la creatività. Cosa dobbiamo aspettarci da Paolo Sfirri in un prossimo futuro?
Delle storie. Che siano in formato cartaceo oppure filmico, per me è importante dare continuità alla scrittura come forza di evasione dalla realtà. La carta del Mago è raffigurata davanti a un tavolo sul quale ci sono diversi oggetti, metafora di infinite possibilità. Anche a me piace sperimentare e trovare nuove opportunità di espressione.

ISBN: 978-88-85790-65-0
Autore: Paolo Sfirri
Editore: CATARTICA EDIZIONI
Data di uscita: 30 agosto 2021
Genere: narrativa contemporanea
Collana In Quiete
Prezzo: 13.00 €
Nº pagine: 112
Dimensioni: 12x20,5 cm




Convulsioni, Le confessioni di un Copywriter
 
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