Miran Bax, “Notte isterica”
Il suo libro Notte isterica, invece, non è un caldo abbraccio, è piuttosto uno schiaffone che ci porta a riflettere su una realtà che lascia poco spazio al romanticismo, alle dissertazioni filosofiche, gettandoci nello squallore di uno dei fatti di cronaca nazionale che nel 2011 ha letteralmente infiammato Torino, scuotendo l’opinione pubblica. L’autore si ispira a questa triste vicenda per parlare ancora una volta, senza mai esaurire l’argomento, dell’eterna piaga del razzismo e della violenza ad essa fortemente correlata.
Mara, Giacomo, Debora e Steve sono i giovanissimi protagonisti di questa storia, ognuno porta con sé una versione differente degli eventi con un punto di vista che ha le sue ragioni tutte legate dal filo invisibile della paura: Mara appartiene a una famiglia che non lascia spazio alla spontaneità dei sentimenti, ha paura di suo padre e ancor più di suo fratello Giacomo, famoso per la sua irascibilità e mancanza di autocontrollo, per questa ragione è spinta a raccontare una bugia su qualcosa di bellissimo che riguarda la sua vita. La paura le fa commettere un tragico errore che avrà delle conseguenze disastrose. Non c’è cattiveria nella sua scelta, è semplicemente una scelta che mira alla ricerca dell’autoaffermazione: Anche lui sorride e mi guarda in un modo che non scorderò mai. Erano pieni di meraviglia e di emozione, i suoi occhi, e di un sacco di cose belle. Sai, forse quando si parla d’amore si parla proprio di quel modo di guardare l’altra persona, quando lo stare vicini dà un senso di pienezza, di completo. Tutto il resto è altro ma non può essere chiamato amore.” Perché la vita ti dona momenti magici ma poi ti costringe ad affrontare la realtà in cui vivi, a difenderti e proteggere il tuo spazio e il bisogno istintivo di evolverti: “Poi è successo che quando sono uscita da casa sua sono andata in paranoia. Ho pensato che mia madre mi avrebbe ammazzato (…) avevo paura di essere scoperta e forse è anche per questo che mi sono inventata di raccontare quella storia a mio fratello. (…) temo che il mio vecchio mi riempie di botte che quando gli sale il matto non si ferma più. È lo stesso atteggiamento che ha ereditato mio fratello Giacomo, che tutti nella compagnia chiamano ‘Manganello’ perché preferisce menare le mani piuttosto che parlare.”
Giacomo non ragiona, la bugia di sua sorella gli suona bene e la prende per vera, chissà se più come scusa per sfogare una rabbia incontenibile che non per motivi affettivi? Coglie l’occasione per colpire una parte della comunità che non è realmente “parte” della comunità, di cui tutti hanno paura e che fingono di essere in grado di controllare, riversando in modo acritico la frustrazione di una realtà rude e talvolta ingiusta. Così il campo nomadi diventa un capro espiatorio: basta una frase lanciata in modo ingenuo e superficiale a scatenare un putiferio.
E Steve? Steve non approva nessuna scelta che lo coinvolge, anche lui ha paura, ha paura di non sentirsi parte della società che lo accoglie e dunque si lascia “trasportare” dagli eventi senza riuscire a prendere una posizione in linea con i suoi valori. Debora invece nella società non riesce a entrarci, si rifugia nelle sue piccole certezze e osserva il mondo da una finestra perché probabilmente sente di non avere gli strumenti giusti per farne parte se non attraverso un vetro o la protezione dei suoi riti: “C’era un sacco di gente in strada, avevano i cartelli con delle scritte e gridavano: “bruciamo tutto”. Qualcuno aveva lanciato delle bombe incendiarie mentre altri appiccavano il fuoco. Altra gente invece scappava e le fiamme andavano alte nel cielo (…) Il fumo era nero e denso, offuscava la vista (…) Il giorno dopo c’era solo odore di fumo, di fango e di povertà nell’aria, la povertà più povera e disgraziata mai vista su questo pianeta. (…) il fatto è che non riesco a cancellare dalla mente le scene di quella sera, (…) mi tornano sempre in mente le fiamme, le urla, la gente che scappava e le sirene dei pompieri che non riuscivano ad avvicinarsi al fuoco per spegnerlo perché le persone avevano fatto gruppo e non li faceva passare. (…) sento che ho bisogno di muovermi e allora anche se non ho tempo di pulirla a fondo la mia camera, posso fare abbastanza. Solo devo farlo di nascosto perché ogni volta che mi metto a pulire mia mamma attacca a brontolare: «La tua stanza è più pulita del novanta per cento di tutte le case del mondo» (…) allora io quando fa così smetto di ascoltarla e penso all’Alleluia e lo canticchio mentalmente (…) e non le rispondo, altrimenti comincia a dirmi che non devo comprare tutti quei detersivi, che devo uscire a prendere aria e che non mi fa bene stare sempre a casa.”
Non mi resta che augurarvi buona lettura.
(Michela Magliona)
Notte isterica, Miran Bax, Morellini Editore.
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