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Dalla tradizione alla folklorizzazione: i rischi del turismo di massa


Punto e a capo

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un video pubblicato su una testata online che si occupa principalmente di notizie su Alghero. Mostrava una sfilata estiva di Mamuthones e Issohadores, due tra le figure tipiche della tradizione barbaricina. Sfilavano tra le vie del centro storico algherese. A luglio, in piena estate. Fuori dal proprio contesto e fuori da ogni logica di promozione culturale e turistica degna di significato.

Il titolo del video? “Il trionfo della sardità”. E invece no. È il trionfo dell’assurdità. O, peggio, della svendita a stracu baratu di tutto ciò che ci rappresenta e appartiene alle tradizioni e alla cultura di questa terra.

Eppure un territorio come quello di Alghero è ricco di attrattive: il Parco di Porto Conte, le Grotte di Nettuno, ma anche pinete, sentieri naturalistici e spiagge. Alghero offre anche testimonianze di un legame forte con la cultura catalana, nella musica tradizionale e nelle canzoni popolari. Senza dimenticare piatti e vini caratteristici del territorio. Ma quindi perché la valorizzazione di un territorio o dei suoi prodotti tipici deve passare attraverso la rappresentazione di qualcosa completamente scollegato dal suo contesto?

Perché l’obiettivo è accontentare un turismo di massa sempre più invasivo e disinteressato all
aspetto culturale del viaggio. Un turismo che gode di manifestazioni estemporanee, prive di radicamento, pure e semplici rappresentazioni folkloristiche dove la cultura sarda viene piegata a logiche affaristiche. In questo sistema non conta una reale promozione culturale, bensì l’appagamento del turista, rispondendo e assecondando in primis le esigenze non della popolazione locale, ma di chi, per poche settimane all’anno, cerca mete di divertimento, non mete culturali.

È un fenomeno globale che colpisce grandi città come piccoli centri, che attorno al miraggio del benessere portato dal turismo hanno pianificato le politiche del territorio, adattandosi alle esigenze dei pochi che fanno affari su questo modello economico.

Un modello dietro il quale si nascondono problemi concreti e gravi. Ad Alghero i prezzi degli affitti sono sempre più cari, le case introvabili per chi ci vive tutto l’anno. La speculazione immobiliare legata al turismo spinge i residenti fuori dalle zone centrali, un fenomeno che tende a svuotare la città.

È chiaro come tutto questo si ripercuota sulla vivibilità, che peggiora costantemente. I frequenti problemi della rete fognaria d’estate, con relativi rischi igienico-sanitari, ne sono un esempio. Strade congestionate e un ambiente urbano che si modifica e si adatta alle esigenze dei turisti. Un sistema che produce gentrificazione, snaturamento dei luoghi, l
aumento dei prezzi di qualsiasi bene, precarietà lavorativa e marginalizzazione. Basti pensa al settore della ristorazione, dove si lavora solo pochi mesi all’anno, spesso senza contratti né tutele, e con ritmi insostenibili. Quando la giostra turistica rallenta, non si lavora più.

Le piazze pubbliche in mano a ristoratori e bar, spazi sottratti alla collettività: un fenomeno che, se poteva essere giustificato in tempi di pandemia, pare ora diventato un normale modo di amministrare economicamente e urbanisticamente il territorio. Per cui non mancano comitati e collettivi che ne denunciano pubblicamente da tempo le contraddizioni, rivendicando il diritto alla libera fruibilità di aree che appartengono alla collettività.

Alghero rischia di trasformarsi in un grande parco tematico, dove tutto è finto, dove i cittadini sono spettatori della propria stessa marginalizzazione. 

Questa non è promozione culturale. 

È turistificazione selvaggia. 

Ed è anche terreno fertile per la criminalità organizzata. È in questo contesto che si innesta il rischio di infiltrazioni mafiose. Un’occasione per riciclare denaro, acquisire immobili e attività commerciali, controllare territori strategici. Non a caso Alghero è finita al centro di inchieste che parlano apertamente di infiltrazioni della camorra interessata al controllo del territorio.

Il problema non è solo di Alghero, sia chiaro. È più ampio, e riguarda una visione d’insieme delle politiche sulla Sardegna. Abitiamo un
isola ricchissima di storia, archeologia e tradizioni che andrebbero inserite in un sistema sostenibile di promozione basato non sul turismo, ma prima di tutto sulle necessità di chi lo abita.

Si è parlato tanto, in passato, di un turismo da realizzare tutto l’anno e non solo concentrato nelle aree costiere. Ma fintanto che si punterà sulla folklorizzazione, che ci trasforma tutti in fenomeni da baraccone da esibire davanti al turista che viene in Sardegna due settimane all’anno per immergere le terga nel nostro mare azzurro, non risolveremo nulla. Anzi, amplificheremo gli effetti di un turismo che non porta benessere né ricchezza, e che resterà un miraggio buono solo per la retorica politica di chi si riempie la bocca di demagogia.

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