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Mostruosi e beati incendi. La combinazione vincente


Ho letto di recente La combinazione Vincente di Paolo Lubinu, uscito per Catartica Edizioni nel marzo del 2025, un lavoro certamente interessante e coraggioso, un romanzo epistolare basato su biglietti, diari, registrazioni audio e qualche lettera, dove l’autore risulta tecnicamente scomparso. L’incipit è un chiaro riferimento ai classici del weird e del fantastico del primo Novecento, anche se non mi sentirei di consigliare il libro ai fan accaniti del genere: il curatore dell’opera (o forse l’editore) avverte subito il lettore dell’autenticità dei documenti riportati di seguito e di alcune correzioni non invasive che metterebbero in qualche modo in sicurezza la “sensibilità comune” rispetto ad alcune “digressioni ritenute oscene e disturbanti” dallo stesso curatore/autore/editore. Entriamo nel vivo del racconto e ci troviamo davanti a una storia d’amore fulminante, dolce e improvvisa, che nel fuoco della passione consumata il giorno del primo incontro dai due ragazzi (Bruno, il protagonista e Clelia, l’eronina-mostro), si rivela essere un atto di distruzione e autodistruzione: lei è una sorta di vampiro, si è ricordata solo ora, e lui sta per morire. Succede così tutte le volte che certi mostri amano: il loro amore muore. Nel concept che emerge dal libro in realtà i veri mostri sarebbero i cosiddetti normali-funzionali, meglio definiti da altri personaggi come “beati stronzoni”, incapaci di amare per costituzione, per una sorta di conformismo cosmico, come viene riportato in quarta di copertina. Concetti di questo tipo in effetti attraversano il libro con digressioni, esperienze, sogni e intuizioni dei personaggi spesso audaci e interessanti, anche se il lettore, diciamo così “ordinario”, potrebbe trovare diverse difficoltà a orientarsi in una trama così fitta e per nulla compiacente rispetto ai classici modelli rassicuranti sul piano della morale comune.

Il patto narrativo viene stabilito nei primissimi capitoli: i due ragazzi, disperati perché il corpo di Bruno comincia ad andare in necrosi, decidono di raccontarsi a vicenda le peggiori nefandezze della loro vita per provare a disamorarsi, se non addirittura a odiarsi, di modo che Bruno possa ritornare incolume alla sua normalità. I personaggi e i loro documenti originali che si intrecciano nel tentativo del curatore di ricostruire la storia, la combinazione vincente appunto, sono caratterizzati da un’apprezzabile vivacità nello stile e nelle tematiche affrontate che – ho notato – pur anelando ai lidi della filosofia passano sempre attraverso una sessualità primitiva, in quanto appartenenza viscerale o addirittura proprietà (in senso stirneriano). Forse mi sarebbe piaciuto leggere questo libro quando avevo vent’anni, trenta al massimo, avrei creduto di più all’idea di fondo: ora, con rammarico, cedo facilmente a tentazioni di pessimismo cosmico e sembrerebbe che i fatti storici di attualità e brutalità mi diano ragione. Certamente, sempre a quell’età, mi sarebbe piaciuto leggere il precedente Vampiri Urbani (uscito anch’esso per Catartica Edizioni nel 2021). Non è facile di questi tempi seguire autori come Paolo Lubinu, soprattuto in Italia dove, sotto forme sempre nuove e ingannevoli, impera il caro vecchio bigottismo dei più buoni, dei più dotti, dei più ragionevoli parrucconi. La sensazione però (e qui mi contraddico volentieri rispetto alle brutte tentazioni di pessimismo cosmico) è che qualcosa si stia smuovendo. Insomma è possibile, oggi, credere nell’essere umano? Magari no. Non in tutta l’umanità almeno. Ma ci sono scintille in giro, nel nostro animo – e questa è la parte di concept che preferisco nel romanzo di Lubinu – che possono diventare mostruosi e beati incendi.

(Antigone)

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