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Le storie di un narratore irrequieto. Il Galantuomo Disilluso



Avevamo già avuto modo di occuparci di Mattia Lasio, alias Il Galantuomo Disilluso, in occasione dell’uscita di Mr. Alienato (10 marzo 2025), concept album lucido e affilato che affrontava il tema dell’alienazione in una società sempre più frenetica, egoista e disincantata (link: Galantuomo Disilluso, Mr. Alienato).

A pochi mesi di distanza, Lasio torna con un nuovo lavoro: Le storie di un narratore irrequieto, un disco che rappresenta una continuità ideale, ma che sposta lo sguardo dalla dimensione collettiva a quella individuale. Se Mr. Alienato era attraversato da una prospettiva personale e analitica sul sistema, questo nuovo album è un racconto corale, più intimo e diretto, fatto di otto storie in rima. 

Otto persone, otto vite, otto incastri narrativi precisi, ognuno alle prese con la propria esistenza, le proprie fragilità, i sogni rimasti in sospeso o appena intravisti. Nessuna astrazione: solo storie, umane e concrete, che mettono in fila dolore, resistenza, fallimenti, speranze.

I beat – curati da Donnie Brasco, Canapads e .K, con mix e master di Luca Losengo – accompagnano le parole senza prevaricarle, lasciando spazio alla voce di un autore che ha scelto il racconto come forma di impegno e di riflessione.

Il disco si apre con “Maria e Paola”, storia di un’amicizia profonda che incrocia due temi tragici e attualissimi: la sicurezza stradale e la violenza sulle donne. È forse il brano più sfumato del disco, con una doppia chiave di lettura lasciata all’ascoltatore.

Segue “Mirko rispondi”, il racconto più crudo: un ragazzo cresciuto in un contesto difficile si lascia trasportare dalla rabbia, affidandosi a persone che non esiteranno ad approfittarsi di lui. Una discesa senza ritorno, su una strada segnata da scelte irreversibili.

In “Lucio resta”, un giovane ambulante di 26 anni affronta la perdita improvvisa di una persona cara.

Con “I progetti di Guido”, Lasio mette in scena una frustrazione quotidiana: un trentenne con un sogno (aprire un caffè letterario) costretto però a subire ogni giorno umiliazioni sul lavoro.

“Piero, figlio di un impiegato” racconta il volto cinico di un sistema che ogni giorno calpesta il merito e premia l’appartenenza. Piero è un giovane laureato, uno che si è costruito da solo, senza scorciatoie, senza raccomandazioni né cognomi altisonanti. Ma in un mondo dove il talento fa paura, la sua determinazione non basta: viene ignorato, umiliato, escluso. La sua è la storia di tanti. Questa è, forse, la traccia che più di tutte lascia il segno in questo disco.

“Carla” lo sa è uno dei brani più malinconici del progetto, ma anche tra quelli che meglio raccontano un percorso di emancipazione e affermazione, senza scorciatoie. Carla è una giovane donna bellissima e affascinante, potrebbe avere chiunque ai suoi piedi. Attorno a lei ruotano uomini ricchi, pronti a comprarla con i soldi, ma lei non cede alle lusinghe di chi pensa che tutto abbia un prezzo. 

Sebastiano e l’arte di cavarsela” ruota attorno alla storia di un cinquantenne che ha sempre vissuto facendo i conti con il precariato e lavori che non ha mai amato. Una vita fatta di fatica e adattamento, senza mai reali prospettive di svolta. 

Ultimo pezzo del disco, “Saverio gioca le sue carte”, la storia di un giovane costretto a lasciare la sua terra, nel Meridione, dopo aver avuto problemi con una famiglia mafiosa coinvolta nell’omicidio del padre. Potrebbe scegliere la vendetta, restituire pan per focaccia, ma decide – con tutta la fatica e il dolore del caso – di andare avanti e guardare oltre. Cambia città, cambia Paese: si trasferisce a Berlino, con la speranza di un nuovo inizio.

Con questo disco, Il Galantuomo Disilluso non rinnega la vena civile e critica già emersa nel lavoro precedente, ma la incarna in una nuova forma: quella del racconto. Dai temi sociali come la violenza sulle donne, passando per l’emancipazione, l’autodeterminazione individuale e la rottura dei meccanismi che producono diseguaglianza, fino alla denuncia della mafia nell’ultima traccia, il disco sposta lo sguardo: non c’è più solo l’analisi del sistema, ma il mettere in primo piano le persone, le loro storie, le loro scelte. È un cambio di passo che rafforza il suo percorso artistico, dando voce a chi, troppo spesso, voce non ce l’ha.

(Redazione)

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