Palestina: artisti, intellettuali e giornalisti nel mirino
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Fotogramma: Colono israeliano uccide attivista palestinese di No Other Land |
Su queste pagine ci occupiamo di cultura. E spesso, da queste stesse pagine, abbiamo parlato della Palestina, esprimendo solidarietà contro il genocidio in corso a Gaza, denunciando l’occupazione, l’apartheid, la pulizia etnica. Oggi lo facciamo ancora, partendo da chi è stato ucciso sotto le bombe israeliane: artisti, scrittori, poeti, pittori, giornalisti, intellettuali, uccisi deliberatamente. Non “danni collaterali”, ma bersagli. Voci da spegnere, volti da cancellare e una memoria da annientare.
Alcuni di questi nomi li vogliamo ricordare:
Heba Zagout, 39 anni, pittrice, poetessa e romanziera, raccontava le donne palestinesi, i luoghi sacri di Gerusalemme e scene di vita quotidiana sotto assedio. È morta il 13 ottobre 2023, sotto un attacco aereo. Con lei, sono morti due dei suoi quattro figli.
Yousef Dawas, musicista e scrittore, è stato ucciso il 14 ottobre 2023 in un attacco aereo contro la sua casa nel nord di Gaza.
Mohammed Sami Qraiqea, giovane fumettista, artista e attivista, è morto il 17 ottobre 2023 durante il bombardamento dell’ospedale Al-Ahli.
Heba Abu Nada, poetessa e scrittrice, è stata uccisa il 20 ottobre 2023 nella sua casa, durante un raid aereo sul quartiere Manara di Khan Yunis, nella Striscia di Gaza.
Inas Saqqa, attrice e drammaturga, è morta il 31 ottobre 2023 insieme a tre suoi figli in un attacco aereo.
Refaat Alareer, poeta, scrittore, docente universitario e co-fondatore del progetto We Are Not Numbers (WANN), è stato ucciso il 6 dicembre 2023 da un bombardamento mirato. Con lui sono morti tre figli, sua sorella e suo fratello. Il progetto, basato su laboratori di scrittura in inglese per giovani di Gaza, rappresentava una minaccia perché in grado di costruire una contro-narrazione sulla Palestina. Per questo era stato minacciato e infine ucciso.
Fathi Ghaben, pittore e docente, tra i più noti artisti visivi palestinesi, è morto il 25 febbraio 2024 per mancanza di cure. Aveva gravi problemi polmonari, ma non poteva lasciare Gaza. Il blocco israeliano ha trasformato la sua malattia in una condanna a morte.
A questi se ne aggiungono numerosi altri: secondo il Ministero della Cultura palestinese, almeno 28 intellettuali, autori e figure di cultura sono stati uccisi nei bombardamenti indiscriminati di Gaza iniziati il 7 ottobre 2023.
Ma non si muore solo a Gaza. Il 28 luglio 2025, Awdah Hathaleen (noto anche come Odeh Hadalin) – attore, attivista, giornalista – è stato ucciso in Cisgiordania, nel villaggio di Umm al-Khair, a sud di Hebron, durante un attacco dei coloni israeliani contro i residenti palestinesi. Un’aggressione unilaterale e brutale. Hathaleen è stato colpito al petto da Yinon Levi, un colono già sanzionato da Stati Uniti e Unione Europea per violenze contro i palestinesi, ma mai realmente fermato. Mai messo nelle condizioni di non nuocere ancora.
Nella sua terra, Hathaleen, documentava e denunciava le continue violenze, le demolizioni, le espulsioni. Era tra i protagonisti di No Other Land, documentario premiato con l’Oscar, che racconta proprio quella realtà. Il video del suo assassinio ha fatto il giro dei social: si vede il momento dello sparo. Dopo l’omicidio, Levi è stato interrogato e poi posto ai domiciliari. Una farsa. Hathaleen lascia una moglie e tre figli. E un vuoto enorme nella lotta per i diritti del suo popolo.
Tornando a Gaza: oltre 230 giornalisti sono stati uccisi dall’inizio dell’aggressione israeliana, in attacchi mirati. Intere famiglie di giornalisti assassinate, redazioni rase al suolo, troupe bombardate mentre erano in diretta, con ben visibili i segni di riconoscimento “press”.
Siamo di fronte a un attacco sistematico alle figure chiave della società palestinese: artisti, intellettuali, giornalisti. Un’operazione che mira a cancellare l’identità culturale e storica di un intero popolo. E dietro tutto questo c’è un disegno evidente: occupare Gaza, espellere i suoi due milioni di abitanti, espandere le colonie in Cisgiordania.
Israele ha cercato di nascondere la testimonianza dei propri crimini, ma senza riuscirci: le prove continuano ad arrivare sotto gli occhi del mondo. Bloccare l’accesso alla stampa a Gaza non è bastato. Foto e video in cui si spara sui civili continuano ad arrivare ininterrottamente, mostrando scene che smentiscono ogni narrazione di comodo.
Nel frattempo, i media italiani continuano a rilanciare una realtà capovolta: chi resiste viene descritto come terrorista, chi bombarda come vittima. Emblematico il caso di Enrico Mentana che, qualche mese fa, parlando degli attacchi in Cisgiordania, ha evitato il termine “coloni”, preferendo l’anglicismo “settler”, che confonde e attenua le responsabilità degli aggressori. Lo stesso Mentana che continua a negare il genocidio in corso.
E poi c’è il Corriere della Sera, che in un articolo del 5 agosto, a firma Lorenzo Cremonesi, titola: “La strategia di Israele per riprendere la Striscia di Gaza...”. Nella neolingua del Corriere, Israele “si riprende” Gaza, anziché occuparla. Questo non è giornalismo, ma propaganda. Una palese manipolazione della realtà che il mondo dell’arte, della cultura, dell’informazione non può ignorare. Restare in silenzio significa essere complici.
(Redazione)
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