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La speranza è una trappola. Intervista a Quilo


Alisandru Sanna, in arte Quilo, fondatore del progetto Sa Razza Posse che poi uscì ufficialmente nel ’92 con due singoli incisi su vinile per la century Vox che al tempo era l’etichetta numero uno in fatto di rap nella penisola. Fra i protagonisti del progetto “Maloscantores” con cui RAP in SARDO tocca punte molto elevate. Oggi gestisce la factory nootempo e suona insieme all’artista sardo Randagiu sardu. Oltre alla musica si occupa di comunicazione visiva (grafica, design e produzione media), campo nel quale ha sempre lavorato sia come dipendente che come autonomo. Ha anche sempre partecipato attivamente al dibattito politico indipendentista dapprima con la prima e la seconda IRS, oggi come indipendente.

- Che effetti avrà la pandemia sul lavoro degli artisti sardi?

Saludi a totus is fradis e sorris sardus. 
Viviamo certamente tutti un dramma senza precedenti. Un virus, del quale sembra che pure gli scienziati non sappiano molto, ha piegato questo mondo iper-consumista e fortemente globalizzato. Gli Artisti, come altre categorie meno “fortunate”, oggi sono letteralmente annientati.
Al netto delle performance da balcone o qualche altra iniziativa, che sta sfumando giorno dopo giorno, l’artista ha bisogno del pubblico per poter lavorare. Musicisti, cantanti, ballerini, dj’s, addetti ai lavori, compagnie teatrali, service audio luci, tecnici insomma tutti gli operatori dello spettacolo e quindi della Cultura sarda sono fermi.
La cultura inoltre è direttamente collegata alle sagre, alle feste paesane, agli eventi piccoli e grandi e quindi anche al Turismo completamente devastato. L’emergenza sanitaria, data anche da una Sanità disintegrata da tagli scriteriati, ha colpito al cuore quindi anche la musica e l’arte. Gli effetti lavorativi sono gravi, I big della musica sicuramente hanno più possibilità mentre i piccoli indipendenti sono alla fame e non credo di esagerare. Il ministro della cultura, l’assessore alla cultura dove sono? Hanno forse espresso qualche soluzione?

- Gli artisti dovrebbero essere una voce critica. Eppure ben pochi hanno avuto da dire sulla gestione della crisi da parte di Stato e Regione. Perché?

In effetti con mio dispiacere ho notato anche io questo “stare buoni”. In molti magari non hanno ancora preso coscienza della situazione. Essere critici, stare attenti è doveroso. Un artista è una voce libera della società. Io poi ho una mia visione dell’arte e della musica e non pretendo che tutti abbiano la stessa. Ho visto un certo adeguamento in alcuni, in altri la stanchezza e la preoccupazione. Io sono arrabbiato, deluso e frustrato.
Mi sento come se tutto stia per crollare. Nel mio piccolo, come tanti, continuo a produrre qualcosa anche se è difficile monetizzare con delle canzoni indipendenti in streaming. Io non mi allineo e non voglio adeguarmi ad un pensiero eterodiretto. Non credo nella speranza come forma di imbonimento sociale. La speranza (in quel senso) è una trappola, sposo il discorso di Monicelli. Credo di più nell’agire, nel fare, nel costruire e nel fallire ma non resto a sperare che le cose passino così senza dire nulla. Gli Artisti sardi dovrebbero ora unirsi davvero e far sentire la propria voce con proposte, con la loro testimonianza. Non basta scrivere “andrà tutto bene” in un lenzuolo. Sono molto realista anche se certamente mi auguro il bene ma voglio, vorrei fare qualcosa di utile. Gli Artisti sardi sono tanti e sono molto capaci. Non si può vivere senza arte, senza musica, senza spettacolo, senza teatro, senza cultura. Mi fa paura una società del genere. L’arte è alla base della vita stessa. Senza salute si rischia è vero, ma come può un sano non ammalarsi in questa condizione assurda?

- Cosa lascerà questa pandemia (e soprattutto le drastiche misure prese dal Governo) alla Sardegna e ai sardi?

Non sono un politico, né un virologo o un analista. Il mio compito da artista è raccontare la vita quella stessa vita che oggi è Sospesa. Io sono molto preoccupato per come si stanno evolvendo le cose. Se non troveremo la strada verso la riapertura graduale la vita stessa sarà negata. In tanti dicono e urlano presi dal panico che meglio la salute; certo quello sempre e comunque ma questo non toglie che la libertà sia in pericolo e non esiste VITA senza libertà, non esiste VITA senza poter lavorare e produrre. Non esiste VITA senza l’arte e la cultura. Questa terra è forte ma nello stesso tempo è anche fragile. Non basta disegnare un infermiere che abbraccia la Sardegna quando poi fino a ieri molti sardi ahimè, si compiacevano delle nostre servitù militari o facevano inchini per ossequiare chi ci ha sempre depredato. La nostra Terra non ci ha insegnato la paura, non ci ha insegnato a denunciare il vicino che magari ha comprato solo un pacco di pasta e poco altro, non ci ha insegnato a non essere solidali.
Chi sta al governo di quest’isola deve dare ascolto a tutti, alle aziende che sono sul lastrico, agli Artisti, a chi oggi sta perdendo il lavoro anche in maniera subdola e lenta, così almeno non se ne accorge nessuno. Non c’è una strategia adeguata, magari non è facile, ma servono decisioni serie perché un’Isola come la nostra può uscirne fuori in meno tempo rispetto ad altri. Impareremo qualcosa? Purtroppo ora vedo solo paura e panico. Servono misure decise e coraggiose per l’economia sarda, oppure la Regione Sarda decide solo restrizioni più forti di quelle dello Stato centrale e per l’economia accetta perline? Dobbiamo aiutarci tutti ecco cosa dobbiamo fare.

- La pandemia e la crisi che stiamo vivendo cambierà il modo di fare arte in Sardegna?

Questo è un punto veramente oscuro e pericoloso. Il timore di tanti artisti, dell’industria stessa dell’intrattenimento è che queste restrizioni che io considero esagerate e soprattutto disordinate possano trasformarsi in leggi e leggine che impediscano di tornare a fare musica, concerti, eventi culturali. Potremmo lavorare in streaming? L’artista ha bisogno del pubblico e le persone hanno bisogno di evadere, di vivere liberamente il contatto con l’arte. Per me non sarebbe possibile uno scenario nel quale un artista lavori davanti a una telecamera da chissà quale studio.
Un’idea che mi fa venire i brividi. Noi artisti spesso siamo come fantasmi, come se il nostro non fosse un lavoro. Molti piccoli artisti sono costretti a lavorare, diffondere la loro arte con ritenute d’acconto. Lascio perdere i grandi VIP che sono più protetti dalle majors discografiche, dalle grandi agenzie (anche loro in ogni caso danno molto lavoro a migliaia di persone). Sono certo che si possa anche cambiare in meglio alcune cose. Forse in molti scopriranno che noi Artisti esistiamo e abbiamo una importante funzione sociale ed economica anche in rapporto alla nostra lingua, al nostro essere, alle nostre specificità. L’artista è un Artigiano culturale e va tutelato. Tutelare significa sostenerlo in questo tempo di crisi senza fare elemosine. Uno stato basato sull’assistenzialismo non avrebbe senso di esistere.

- Come passi il tempo durante questa Quarantena?

Produco musica, studio il più possibile anche per organizzarmi meglio su ipotetici scenari futuri. Non nascondo la mia voce, cerco di fare il possibile per tenermi sveglio anche se il tempo sembra dilatato, la mancanza di Libertà si fa sentire ed a volte sono molto giù. Sento parecchi amici e ci raccontiamo i nostri punti di vista. Non ho tv da 15 anni quindi uso la rete passando al setaccio le informazioni e scartando fake news e notizie non ufficiali. Purtroppo mi manca il contatto con il pubblico, il calore delle persone. Non voglio vivere in un mondo dove la distanza sociale potrebbe diventare una triste realtà. Non vorrei che queste restrizioni possano inoltre diventare leggi e leggine nascoste per tagliare la testa alla musica stessa.
Grazie per la vostra intervista. Io non ho verità in tasca cerco solo di dire la mia come sempre. Sardigna pesa sa conca, allui su ciorbeddu toccat a battallai , aiutate sempre per quel che potete le persone in difficoltà.

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