Libri di sangue
Joseph Conrad |
di Davide Barella
Capita sovente che episodi di cronaca vengano contestualizzati nel momento stesso in cui accadono, ed รจ un esercizio assai pratico di analisi politica e sociale che viene bene strumentalizzata da chi la pancia della gente dovrebbe nutrirla e invece se ne nutre.
Ho finito da qualche settimana di spiegare ai miei ragazzi di quinta i fenomeni storici dell’Imperialismo e del Neocolonialismo che le potenze europee attuarono fra la fine del 1800 e lo scoppio della Grande Guerra. Vi fu la riconquista del mondo, soprattutto dell’Asia e in maniera pressochรฉ totale dell’Africa, eccezion fatta per la Liberia. Ogni paese europeo, con l’Italia in forte ritardo per le note vicende legate alla sua cronica frammentazione e alla sua tardiva Unitร , si prese un pezzo del continente nero, per trovare una soluzione alla sovrapproduzione industriale alla quale non riusciva piรน a star dietro. Le materie prime cominciavano a scarseggiare, la manodopera, dopo aver coinvolto anche le fasce deboli della popolazione, iniziava a organizzarsi e ad abbozzare tentativi di (piรน che legittima) rivalsa, il prodotto in esubero necessitava di essere esportato verso nuovi mercati. Tutto questo portรฒ alla neocolonizzazione dell’Africa, secondo un piano di spartizione che, naturalmente, non teneva assolutamente conto delle esigenze dei nativi. Anzi. Supportati da deliranti trattati scientifici sulla diversitร delle razze, con la bianca che naturalmente si arrogava il diritto di rivendicare la propria superioritร sulle altre, molti faccendieri europei si diedero al sacco del continente, depredandolo e privandolo di tutte le sue ricchezze. Questo abominio si collocava in pieno schiavismo, quel fenomeno aberrante durante il quale venivano deportati verso le nascenti imprese rurali della giovane America milioni di schiavi neri assoldati dalle lobbies del cotone.
La schiavitรน e la barbara prassi dello sfruttamento incondizionato delle risorse che l’Africa offriva copiose hanno determinato nel tempo le fughe di massa che viviamo oramai da anni sulla nostra pelle, e che vedono il Mediterraneo come luogo affollato di disperazione e desolazione.
Ma davvero si crede sempre e solo al presente, senza considerare che il presente vive solo in virtรน del passato? Quando, in tempi recenti, sotto la spinta propulsiva dei movimenti indipendentisti, i popoli africani si liberarono, o forse quando le potenze europee si ritirarono, va bene ugualmente, lรฌ nacque il disagio. Lasciare paesi in balia dell’instabilitร politica e fomentare guerre civili e disordini, appoggiare sanguinose giunte militari e usare le armi come moneta di scambio con le residue materie prime, fu LA exit strategy.
Forse il teorema risulta piรน semplice da capire cosรฌ: se sottometto, sfrutto, impoverisco, destabilizzo, stremo un intero continente, lasciandolo dopo un giogo centenario povero, arretrato, decimato, in mano a organizzazioni sanguinarie di matrice mafiosa, posso poi non prevedere delle conseguenze sociali e demografiche? Lo schiavismo, da solo, ha determinato la deportazione di undicimilioni – undicimilioni, avete letto bene – di neri verso l’America. E nel terzo millennio siamo costretti ancora a metterci sulle auto gli adesivi “Black Lives Matter”.
Le conseguenze della storia sono queste, disciplina morta e sepolta che non impara mai da se stessa. Ci sono libri che in letteratura hanno saputo cogliere benissimo il momento, lo hanno fotografato in maniera cruda e spietata, immortalandolo in pagine divenute di culto. “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad e “I drammi della schiavitรน” di Emilio Salgari sono due romanzi quasi coevi (1896 Salgari, 1899 Conrad) di ambientazione africana nei quali il viaggio, spesso un’ Odissea contemporanea, diventa un pretesto geografico e logistico per scandagliare l’oscuritร che alberga nell’intimo dell’uomo. La tenebra.
“I drammi della schiavitรน” รจ la cronaca spietata e truculenta di un “ultimo viaggio”, un carico, l’ennesimo e conclusivo, di un trafficante di uomini portoghese in affari con un regnante locale, il simbolo della corruzione interna, dell’irrisolta questione tribale fra fazioni avverse, destinazione America latina. Costruito in soggiorno su basi documentaristiche storiche comprovate, come costume dello scrittore scaligero, “I drammi della schiavitรน” รจ lontano anni luce dalle atmosfere esotiche salgariane, quelle delle Antille corsaresche o dei mari bornesi e malesi. Alcuni passaggi sono tremendi, in queste righe vi รจ un Salgari quasi oltre i limiti della militanza, crudo e diretto:
«Colร , i negri, ammucchiati alla rinfusa da parecchie settimane, attendevano, in preda a inenarrabili angosce, l’arrivo della misteriosa nave che doveva rapirli per sempre alla terra africana. I piรน stavano sdraiati qua e lร , cupi, taciturni, i figli stringendosi addosso alle povere madri, i fratelli alle sorelle, i mariti alle mogli che forse, fra pochi mesi non dovevano piรน mai rivedere; gli altri, i piรน vigorosi ed i piรน indomiti, s’aggiravano lungo le palizzate come belve entro la gabbia, imprecando contro l’infame destino che li aveva fatti schiavi. Quasi tutti malgrado le cure dei loro guardiani per rimetterli in forze, portavano le tracce delle orribili sofferenze patite.»
E di seguito «Si vedevano ancora gambe e dorsi ischeletriti, crudeli ferite non ancora rimarginate, dei lunghi solchi sanguigni prodotti dalle terribili sferze, dei colpi di lancia, di scure, di coltello, di bastone ed i piรน avevano il collo sanguinante per il continuo strofinรฌo delle infami forche di legno, che quei miseri avevano portate per settimane e settimane, forse per dei mesi, durante le lunghe marce dai lontani paesi alla costa. » Si tratta di sequenze narrative che molti ex ragazzi come me ritrovarono nello sceneggiato televisivo “Radici”, inorridendo giร nei comodi e mistici anni ’80.
Ma se in Salgari vi รจ un finale salvifico, che riscatta definitivamente gli orrori storici sancendo chi debba vincere fra le incarnazioni del Male e del Bene, in Conrad c’รจ una profonda disillusione che non trova vie di fuga. Frutto di un avvenimento autobiografico del 1890, “Cuore di tenebra” รจ il racconto del marinaio Marlow che ripercorre, raccontandola ad amici, una traumatica esperienza lavorativa avuta anni prima risalendo il fiume Congo, usufruendo delle coordinate geografiche giร utilizzate da Capitan Salgari.
Al lavoro presso una misteriosa Compagnia che traffica in avorio (in spiccioli questo si traduce con lo sterminio indiscriminato di elefanti e rinoceronti) Marlow, l’alter ego di Conrad, deve recuperare il dirigente Kurtz, scomparso in circostanze nebulose. Al termine di un viaggio nei meandri della giungla piรน incontaminata e pericolosa, Marlow incontrerร finalmente Kurtz che nel frattempo รจ divenuto una divinitร per gli indigeni, imponendo il suo culto della personalitร attraverso una mefistotelica strategia della suggestione. Marlow vive in prima persona tutto il male, lo schifo, la contaminazione che l’uomo bianco ha portato nell’Africa nera, infettando le popolazioni e ammorbando la natura incontaminata con la sua invasiva brama di potere.
Il cosmopolita Conrad, colui che il mondo lo ha girato per davvero, si trova a vivere in prima persona un incubo in quella che era, solo poco tempo prima, la terra che avrebbe desiderato ardentemente visitare piรน di tutte le altre: «Aveva tirato le somme e aveva giudicato. “L’orrore!”». Anche i vecchi desideri, legati a una cartina bianca tutta da disegnare e da completare, sono bruscamente disillusi dalla realtร : «La conquista della terra, che per lo piรน significa portarla via a coloro che hanno una diversa carnagione o nasi leggermente piรน piatti dei nostri, non รจ una cosa edificante quando la si osservi troppo a lungo.» La cartina รจ stata colorata, col rosso del sangue e col bianco sporco dell’avorio. In mezzo, baracche, macerie, navi sgangherate e puzza di gasolio bruciato.
Manipolato al punto di diventare il kolossal di war cinema “Apocalypse now” di F. F. Coppola, “Cuore di tenebra” รจ un viaggio senza soluzione nelle pieghe piรน remote dell’oscuritร dell’uomo, come un virus inoculato che resiste a ogni antidoto.
Bisognerebbe sempre avere il coraggio di trattare a scuola queste pagine, come testimonianze dirette di un’epoca che tendiamo colpevolmente a soffocare e a censurare. Per lo meno darebbe vita a quel contraddittorio che รจ necessario alle discussioni aperte e democratiche.
Ammetto di averlo fatto. Ho letto le pagine di Salgari ai miei ragazzi affrontando il tema del Neocolonialismo, allo stesso modo in cui abbiamo letto insieme ai ragazzi Crane e il suo “Segno rosso del coraggio” o la Alcott e le sue “Piccole donne” in riferimento alla Guerra Civile americana. L’idea delle miscrostorie, o delle storie dal basso, sono sempre state un mio pallino, fina da quando, nel lontano 2006, creai i progetti didattici denominati “Lettere da Ventimiglia”.
Mi sarebbe piaciuto, sempre sul tema Imperialismo, leggere anche qualche stralcio di Haggard e delle sue “Miniere di re Salomone”, che Salgari rese in Italiano come “Le caverne dei diamanti”. E non รจ detto che non lo faccia, prima io poi. Imperialismo รจ imporre con la forza il proprio modello ad altri popoli, nel nome di una supremazia culturale e di un progresso meramente industriale.
Rileggendo alcuni passaggi di Salgari e dei suoi “Drammi” («– Ma il tuo carico รจ di carne umana, di carne come la tua.
– Scusate, signor Esteban, – disse il mastro, – ma la mia carne รจ bianca, quindi non รจ punto eguale a quella dei negri.
– Se ti scorticassero la pelle, vorrei farti vedere se la carne dei negri รจ eguale alla tua. Bel modo di trafficare รจ codesto!... E si chiamano onesti trafficanti, questi impudenti!... Ed hanno l’audacia di paragonare un negro ad una botte di zucchero o ad un sacco di caffรจ... Ve lo daranno gli incrociatori il caffรจ, trafficanti di carne viva!...») mi sovviene il verso del ritornello di una canzone di Frankie Hi NRG MC, un brano che ha segnato la mia crescita di studente universitario: “Diversi nell’aspetto siam scritti in mille lingue / ma siamo libri di sangue”.
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