Un’Intervista con Paolo Perlini: Alla Scoperta di “Sweet Jane”, Vincitore del Premio Mondoscrittura
Paolo Perlini è l’autore del romanzo Sweet Jane (Catartica Edizioni), vincitore della IV edizione del Premio Letterario Mondoscrittura Città di Ciampino.
Oggi lo incontriamo per conoscere meglio la sua opera e il processo creativo che si cela dietro di essa.
1. Buongiorno Paolo. Parlaci un po’ di questo premio. Come ti senti riguardo
alla tua vittoria? Cosa significa per te questo riconoscimento?
Fra i tanti
riconoscimenti che ho ottenuto, questo assume, per ragioni personali, una
particolare importanza. Recentemente, però, ho riflettuto su un altro aspetto
della mia esperienza. Avevo partecipato alla precedente edizione di questo
concorso nel 2017, aggiudicandomi il primo posto nella sezione dedicata ai
romanzi inediti. Il romanzo con cui partecipai era rimasto nel cassetto per
dieci anni e sembrava quasi adattarsi al suo titolo: “Risposte Sepolte”. In
quella circostanza, il premio consisteva nella pubblicazione del libro da parte
della casa editrice Mondoscrittura.
In questa nuova edizione del premio, che si è svolta dopo una pausa di alcuni
anni, ho partecipato per la prima volta con un romanzo edito, e ottenere il
primo posto mi ha fatto sentire come quei motociclisti che, dopo aver vinto il
titolo nella classe di mezzo, passano alla categoria regina e conquistano
subito il campionato.
2. Parlaci un po’ del tuo romanzo. Qual è il tema
principale e da dove hai tratto l’ispirazione per la storia?
Come dice la quarta di copertina, spero che questo
libro possa concludere quella che ho definito una trilogia. La ragione di
questa definizione risiede nel fatto che il lettore può individuare alcune caratteristiche
ricorrenti tra i tre libri: l’ambientazione che si snoda dagli anni Ottanta,
l’incrocio tra sentimenti d’amore e amicizia, l’amico del protagonista alle
prese con una famiglia problematica e la narrazione in prima persona.
L’ispirazione è un mistero anche per me. Recentemente, ho letto un’intervista a
Catherine Dunne, nella quale ho riconosciuto molte affinità. Dunne sostiene:
“Sono sempre stata convinta che chi scrive narrativa non scelga le proprie
storie: anzi, sono le storie a sceglierci… La storia mi si rivela solo quando
intraprendo l’azione della scrittura.”
Posso citare alcune suggestioni e stimoli che hanno contribuito alla creazione
di questo romanzo. In primo luogo, c’è la vittoria della nazionale di calcio
italiana ai mondiali del 1982. Nonostante non sia un grande appassionato di
calcio, l’11 luglio 1982 rappresenta un punto di riferimento nella memoria
collettiva di un’intera generazione, e gran parte della trama si svolge
seguendo l’ordine cronologico di questo torneo. Il protagonista, Michele,
vorrebbe seguire con passione le partite, ma ogni volta qualcosa di inaspettato
lo trattiene: dapprima l’amico Roberto, un suo compagno di classe, orfano come
lui. Successivamente l’intrigante presenza di Giovanna, la matrigna di Roberto.
Le avances di Giovanna suscitano in Michele un’irresistibile attrazione,
segnando così un momento cruciale nella sua vita.
3. Cosa pensi che renda la tua storia diversa e
speciale all’interno della categoria in cui rientra?
A dire il vero non saprei bene in quale categoria
inserire Sweet Jane. Potrebbe essere un romanzo di formazione, un noir
psicologico, un semplice romanzo e basta. Mi auguro che a differenziarlo sia lo
stile.
4. Qual è stato il momento più gratificante o stimolante nel processo di scrittura
del tuo libro?
I momenti più gratificanti si trovano all’inizio,
quando scrivi le prime due pagine e senti che promettono bene. Poi succede
quello che dice Catherine Dunne, sempre nella stessa intervista, citando E.L.
Doctorow: “Scrivere è come guidare di notte in mezzo alla nebbia. Puoi vedere
solo fin dove arriva la luce dei fari, ma puoi viaggiare in questo modo fino in
fondo”.
Quando superi la metà del percorso e hai una chiara visione di come si
svilupperà la trama, le dita scorrono rapidamente sulla tastiera; diventa solo
questione di tempo.
5. Nel tuo romanzo, Giovanna, la protagonista ascolta
principalmente due brani musicali molto diversi: le Gymnopédies di Erik Satie e
Sweet Jane di Lou Reed. Qual è il significato di queste scelte musicali e come
hanno contribuito a definire il personaggio e l’atmosfera della storia?
Nella mia storia, l’ascolto delle Gymnopédies di Erik
Satie crea un senso di pace e leggerezza, ma allo stesso tempo, c’è una
sottintesa inquietudine nell’aria. Si ha la sensazione che in qualsiasi momento
qualcosa potrebbe interrompere questa tranquillità. D’altra parte, Sweet Jane
di Lou Reed rappresenta il lato più esplicito e audace del personaggio di
Giovanna. La musica in questo caso è un riflesso della sua personalità e delle
sue emozioni. Mi è sembrato un contrasto affascinante con la serenità delle
Gymnopédies.
6. Chi sono i tuoi autori o opere letterarie preferite
che hanno influenzato la tua scrittura?
Come nella musica, dove le mie preferenze vanno dalla
classica fino al rock di qualità, passando attraverso tutte le sfumature di
generi, anche nella lettura sono piuttosto di larghe vedute. Diciamo pure
disordinato.
Credo che il mio stile di scrittura rifletta questa eterogeneità, incorporando
non solo le influenze letterarie, ma anche il vasto mondo di informazioni
provenienti da giornali, riviste, opuscoli... tutto quello che vedo scritto.
Se dovessi fare alcuni nomi citerei Amelie Nothomb, il primo Murakami, Joe
Lansdale. Ultimamente mi hanno appassionato molto i romanzi di Clarissa
Goenawan e più di tutti Damir Karakaš. Tuttavia, il mio sogno rimane quello di
rileggere l’intera collezione dei romanzi di Joseph Roth, per vedere se ancora
oggi sono in grado di emozionarmi come la prima volta.
7. Infine, progetti per il futuro?
Ho già alcuni romanzi nel cassetto, che intendo rifinire, curare ancora di più. Nel frattempo lascio vivere gli ultimi due che ho pubblicato. Qualcuno, di entrambi mi ha suggerito di scrivere un seguito. Ecco, non sarebbe male scrivere la versione di Giovanna, e citando Lou Reed, intitolarla Walk on the wild Side.
(Corea)
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