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Martina & Eleonora: Personalità e manufatti congiunti da battiti armonici


Benvenuti a “Arti & Mestieri”, la nuova rubrica di Indielibri curata da Manuela Orrù. In questa sezione esploreremo le storie e le passioni di artigiani, artisti e maestri di varie discipline. Da tecniche tradizionali a innovazioni contemporanee, vi porteremo nel mondo creativo di chi dà vita a opere straordinarie. Siate pronti per un viaggio ispirante nel cuore delle arti e dei mestieri!  

Il cuore attraverso impulsi scandisce il suo battito ritmico, caldo, costante, musicale. 
L’arte mette in relazione menti e mani e crea meraviglie per gli occhi e per il cuore. Quale correlazione c’è tra un cuore, una macchina da cucire, un’incudine e un martello? La correlazione è un battito ritmico, caldo, costante, musicale.

Giovani menti mettono in moto cuori e attrezzature e producono opere d’arte capaci di risvegliare il desiderio di indossare un manufatto e di rinnovare le tradizioni che in modo indiscutibile ci appartengono. Martina Mura ed Eleonora Pitzalis sono due giovani ragazze rispettivamente di 27 e 26 anni che, poco più di un anno fa, hanno riscoperto la passione per il lavoro artistico riproponendo accessori creati attraverso due antichi mestieri di Isili: il cucito e la lavorazione del rame.  

Amiche, quasi coetanee, coraggiose e determinate, con gli occhi che brillano ed emanano luce autentica, si aprono totalmente durante il nostro incontro diffondendo la loro semplice intensità che colma tutto lo spazio e mi rende felice, orgogliosa e tanto fortunata di averle incontrate. Il mio battito si unisce al loro, del loro diventa complice e con il loro si fonde, suscitando in noi la sensazione che sia così da sempre, e il desiderio che per sempre resti tale.

Manuela Orrù: Che legame avete con la nostra Terra? Che cosa è per voi la Sardegna?

Martina Mura: Per me la Sardegna è radici, appartenenza, emozioni, sogni. La Sardegna è il luogo più bello del mondo e spero di poter stare qui per sempre.

Eleonora Pitzalis: Devo essere onesta, apprezzo la Sardegna da poco tempo, non vedevo la sua bellezza e il suo valore se non nei luoghi turistici. Ho vissuto a San Teodoro, desideravo lavorare in un luogo nel quale la bellezza era palese agli occhi di tutti. La lontananza da casa, mi ha fatto capire che la Sardegna è bella in ogni suo angolo, nelle sue varie sfumature. Spesso, si cerca la bellezza ovunque e non ci si accorge di quella che si ha a casa.

Manuela Orrù: I ragazzi di oggi partono, spesso vanno oltre il mare per trovare lavoro e potersi così costruire un futuro. Cosa vi trattiene nel nostro piccolo centro?

Martina Mura: Ci si sposta sopratutto per avere gratificazioni economiche, si è convinti che lontani da casa la vita sia più soddisfacente e che ci si possa realizzare pienamente, focalizzandosi su questo si sottovalutano i contorni. Innanzitutto credo che restando qui posso crescere meglio a livello umano, perché la nostra terra ti offre tanto, dobbiamo essere capaci di cogliere ciò che ha da offrirci. Altrove, inteso come “luogo”, ovunque io mi trovi, è solo un contorno. Ovunque, posso vivere pienamente e nei giusti tempi l’arte e ciò che ne deriva. Produco articoli che hanno viaggiato nel tempo, li ho adattati ai tempi moderni, però ci appartengono, appartengono alle tradizioni e alla cultura quindi, quale posto migliore per crearli? Certo non mi impongo limitazioni, spero di potermi spostare per distribuirli anche al di là del mare, ma la mia terra è unica e spero di non doverla lasciare mai.

Eleonora Pitzalis: Amo il nostro territorio e il suo potenziale non sfruttato. Dovremmo unirci tutti, ciascuno nella sua particolare arte lavorativa per creare una solida rete e trarne vantaggio. Ho elaborato questo concetto nel corso degli anni, quando ero più giovane provavo per la mia terra solo rispetto, non nutrivo per essa un attaccamento e un amore profondo. Non escludo neanche una futura possibilità di spostarmi oltre il mare; nel caso in cui si presentasse l’occasione, adotterò criteri di valutazione più ampi che mi permettano di fare la scelta giusta. Spesso fare nuove esperienze anche lontani da casa, ci da la possibilità di crescere ma anche di apprezzare nella giusta maniera ciò che abbiamo lasciato. 

Manuela OrrùÈ impossibile trovare un manufatto uguale all’altro, essi sono tutti diversi tra loro. Da cosa nasce l’idea di creare “piccole-grandi” opere d’arte irripetibili?

Martina Mura: Sono sempre stata attratta e affascinata dall’idea di creare dal nulla, dall’idea di trasformare un oggetto brutto o passato di moda, dall’idea di correggere un difetto che notavo solo io. Creare, trasformare, migliorare, sono azioni che mi rilassano e che mi permettono di trovare il mio “io” e mi fanno sentire realizzata. Il lavoro per creare anche un oggetto piccolo provoca fatica, ma la soddisfazione nel vedere l’oggetto pronto alla consegna è talmente appagante che non riesco quasi a descriverti ciò che provo. Precisione, dedizione, fatica e passione, sono caratteristiche necessarie che si sposano tra loro alla perfezione e producono benessere attraverso il compiacimento nell’osservare il risultato finale.

Eleonora Pitzalis: Se ci guardiamo attorno è tutto fatto in modo industriale. Abbiamo un calco e produciamo in serie, al massimo scegliamo dieci colori diversi. Camminando per strada capita di incontrare anche cinque persone che indossano la stessa maglietta o le stesse scarpe. In questo modo emerge la monotonia e sembra quasi che anche le persone siano tutte uguali. Il manufatto è prodigioso poiché è capace di far sì che una persona, indossandolo, si senta speciale in quanto esso è un oggetto unico e irripetibile. Inoltre, appartenendo ad una famiglia di ramai, avevo un forte desiderio, quello di far si che il rame non venisse accantonato e dimenticato bensì trovasse il suo utilizzo nella vita contemporanea. Il rame in passato veniva usato in tutte le famiglie per lo svolgersi della vita quotidiana, meditiamo sul corredo di una casa. La modernità ha cambiato gli utensili così come ha cambiato i gioielli, pensiamo all’oro e all’argento che sono stati sostituiti dall’acciaio. Per cui ho preso questo “materiale prezioso” e gli ho attribuito una nuova collocazione nell’era moderna, attraverso gioielli luminosi e oggetti d’arredamento capaci di rendere singolari i moderni ambienti domestici.

Manuela Orrù: Pensate che questo possa essere il lavoro della vostra vita? Lo desiderate? Che progetti avete per il vostro futuro?

Martina Mura: Sì, lo desidero e ci credo fermamente. Ho tanta voglia di imparare e di migliorarmi; ho tanta voglia di creare nuovi oggetti utili e adattabili alle esigenze di persone diverse. Voglio creare e voglio sentirmi realizzata, ovviamente capita di farsi prendere dallo sconforto perché il periodo che stiamo vivendo è molto difficile, però non mi fermo e non voglio fermarmi, per questo, quando sono un po’ giù penso alle gratificazioni che ricevo dai clienti e dalle persone che si fermano ad osservare i miei lavori e mi ricarico di positività.

Eleonora Pitzalis: Non lo so, non perché io non ami ciò che faccio, ma perché caratterialmente ho sempre avuto una visione a breve termine, quindi non riesco a decidere o a pensare di decidere per tempi troppo distanti. Mi spaventa anche l’idea del lavoro impostato con troppe regole, perché ho paura di adottare un meccanismo troppo ancorato e statico per la mia produzione. Se dovessi attenermi rigidamente alle regole del lavoro e del mercato, perderei la meraviglia del “creare” e si spegnerebbe in me la fantasia. Desidero quindi che il mio creare diventi un lavoro per il mio futuro, ma non voglio farmi condizionare da regole collettive. Inoltre, ogni giorno, rifletto sulla cultura dell’acquisto che tutti possediamo e mi domando: “Quando acquistiamo, conosciamo davvero l’oggetto della necessità o del nostro desiderio? Siamo capaci di fare una scelta che dia il giusto valore all’oggetto? Conosciamo la provenienza dello stesso e il lavoro che c’è dietro?” Se rispondo a queste domande, provo un po’ di sconforto perché sono convinta che non abbiamo piena consapevolezza di ciò che acquistiamo e, a causa di questa “superficialità”, non diamo il giusto valore soprattutto al lavoro dell’artigiano.

(Eleonora chiude la frase contenente l’ultimo concetto, con un tono di voce calante e nel suo sguardo si intravede un leggero senso di dispiacere. Martina la ascolta in silenzio e annuisce condividendone pienamente il pensiero e confermandolo verbalmente subito dopo. N.d.A.)

Manuela Orrù: Vi va di raccontarci dove avete acquisito le basi del vostro lavoro?

Martina Mura: Devo ringraziare mia madre, è osservando lei che ho imparato le primissime basi. So che si emozionerà nel leggere questa mia affermazione, perché non vuole che io lo dica. Invece per le cuciture particolari così come per la realizzazione di oggetti e accessori decorativi inusuali, seguo dei tutorial formativi.

Eleonora Pitzalis:
Anche io ho imparato tutte le basi di lavorazione in casa. Ho l’immane fortuna di avere un grande maestro tutto per me: mio padre. Babbo fa il ramaio fin da quando era un ragazzo e i miei due fratelli maggiori hanno seguito le sue orme. Fino a poco tempo fa non ho mai pensato che avrei lavorato il rame, anche se ho sempre guardato questo lavoro con immenso rispetto.

Manuela OrrùQuando vi siete accorte che scorreva in voi il fiume artistico?

Martina Mura: Per me ciascuna forma d’arte è un mezzo di comunicazione. Principalmente creo nei momenti tristi e vivo l’arte come fosse una “filosofia” che mi permette di reagire. L’arte è per me una valvola di sfogo e, attraverso essa, riesco a stare bene. Quindi fin da ragazzina, ho sfruttato l’arte per ritrovare un equilibrio positivo. Attualmente trasformo principalmente il mio malessere attraverso il cucito, ma lo faccio anche attraverso la scrittura e la pittura.

Eleonora Pitzalis: Ho sempre percepito di averlo in senso lato. Dentro me avvertivo la necessità di trasferire l’inventiva e la fantasia che volteggiavano nel mio cervello alle mani che intrepide fremevano e attendevano il comando. Così mi sono prestata a fare diversi lavori manuali e ho sempre raggiunto buoni risultati.

Manuela Orrù: Suppongo che abbiate la piena approvazione e il totale supporto delle vostre famiglie e dei vostri amici a riguardo delle vostre scelte lavorative e artistiche. In generale, va tutto bene o c’è qualcosa che vi ferisce e vi provoca, anche in modo lieve, un po’ di sofferenza?

Martina Mura: Si, per fortuna ho la piena approvazione della mia famiglia, che mi incoraggia e mi sostiene, così come gli amici più stretti. Tendenzialmente sono anche molto contenta e soddisfatta. Capita però, di sentire qualche domanda poco delicata come ad esempio: “Ma quando pensi di cercarti un lavoro vero?” Le persone parlano senza riflettere e non si rendono conto che feriscono. Cucire e creare mi fa sentire appagata e, anche se le vendite non sono ancora sufficienti per sostentarmi in autonomia, non mi arrendo. Accetto le critiche ma ho deciso di non farmi condizionare da esse. Ho deciso inoltre che non farò più un lavoro che non mi piace. Percorrerò la mia strada credendoci fino in fondo e cercherò di caricarmi positivamente qualsiasi cosa mi venga detta in futuro.

Eleonora Pitzalis: Anche io ho la totale approvazione della mia famiglia. Il ramaio è una figura artigianale che sta scomparendo. A Isili, se io e i miei fratelli non avessimo intrapreso la strada di mio padre, egli sarebbe stato l’ultimo. Quindi potete immaginare la felicità e l’orgoglio dei miei genitori nel vederci forgiare l’arte di famiglia. Ricevo grande soddisfazione e incoraggiamento anche dagli amici. Per fortuna a me non rivolgono le domande che rivolgono a Martina. Penso che questo accada perché dietro c’è una storia lavorativa familiare ben radicata anche se io produco oggetti completamente diversi da quelli che mio padre ha prodotto e riparato durante tutta la sua vita.

Manuela Orrù: Abbiamo parlato del periodo difficile che stiamo vivendo. In Sardegna tutto, da sempre, sembra amplificato per questo, come già detto, molti ragazzi vanno oltre il mare. Secondo voi, chi ha più coraggio, chi parte o chi resta?

Martina Mura: Se si parte con l’idea di trovare un mondo migliore al di là del mare si sbaglia. Il coraggio di partire o di restare dipende dall’intenzione che si ha, dall’idea di realizzazione di se stessi. Amo follemente vivere qui nella mia terra, e mi spaventa tanto il pensiero di lasciarla, quindi nonostante le difficoltà cerco il coraggio dentro me per non perdere la speranza e per lottare affinché io non debba mai andare. È ovvio che in caso di necessità troverei una nuova forma di coraggio per partire.

Eleonora Pitzalis: Secondo me è coraggioso colui che fa ciò che sente. Io mi sento libera e coraggiosa nel momento in cui non mi sento limitata dalle mie stesse scelte.

Incontrare Martina ed Eleonora è stato bellissimo. Il tempo a nostra disposizione non è stato tanto, ma è stato smisurato. Il nostro interloquire si è trasformato in uno scambio armonico, profondo e intenso di pensieri, sensazioni e idee. Ho visto nei meravigliosi ed enormi occhi di due giovani artiste la speranza. Quella speranza che colora il mondo nonostante il dileguarsi di incertezza, instabilità e indigenza. Quella speranza che trasforma in fiore ogni ostacolo e delusione. Per questo motivo, dandovi appuntamento al prossimo mese, vi saluto con un pensiero espresso e condiviso da due giovani seppur immense artiste:

“Vorrei che le persone attribuissero il giusto valore ai manufatti,che imparassero ad apprezzarli e ad amarli nuovamente poiché, ogni lavoro artistico è un’anima che sboccia.”

(Manuela Orrù)

Info & Contatti

Martina Mura: marti96mura@gmail.com
Cell. 347 439 46 43
Instagram: @martinamura 

Eleonora Pitzalis: eleonoramariapitzalis@gmail.com
Cell. 347 316 74 50

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