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Libertà d'espressione e occupazione militare in Sardegna. Ne parliamo con l'avvocato Giulia Lai e il rapper sardo Bakis Beks

Ha fatto scalpore la notizia del processo che i magistrati del tribunale di Nuoro hanno deciso di imbastire contro il rapper sardo Bakis Beks (Bachisio Marras) per una frase contenuta in uno dei suoi brani: “non c’è tempo per mediazioni, indennizzi, conciliazioni, questo è un messaggio ai coloni, basta, fuori dai coglioni!”. Queste parole e il dito medio alzato in segno di protesta contro il sistema, durante un concerto svoltosi in un locale nuorese nel 2018, sono costate al rapper e a suoi tre fan la surreale accusa di oltraggio a pubblico ufficiale. 
Tantissime sono le voci di protesta e di solidarietà – a cui anche Indielibri vuole unirsi – sollevatesi a difesa della libertà di espressione in ambito artistico. Dal canto nostro abbiamo deciso di farlo rivolgendo alcune domande direttamente al protagonista di questa incredibile vicenda e al suo avvocato Giulia Lai
  • Durante un concerto, alcuni poliziotti presenti hanno interpretato il dito medio alzato in segno di protesta e le parole del pezzo di Bakis Beks come un insulto rivolto a loro. È da lì che sono iniziati i suoi guai. Ma come ci sono finiti dentro anche i suoi fan? Ci puoi raccontare quello che è successo?
Giulia Lai: Bakis Beks, insieme ad altri 3 ragazzi presenti al concerto, sono imputati del reato di oltraggio a pubblico ufficiale perché, a detta degli inquirenti, avrebbero offeso l’onore e il decoro degli agenti in servizio, in quanto avrebbero proferito nei loro confronti frasi come “sbirri fuori dai coglioni” e avrebbero rivolto agli stessi il dito medio.
Dagli atti di indagine è palese che gli agenti si riferissero proprio alla canzone “messaggio” nella quale il rapper utilizza le parole “fuori dai coglioni” accompagnata da una coreografia che prevede anche l’utilizzo del dito medio, per questo motivo anche alcuni dei fan, identificati durante il concerto, sono stati accusati di oltraggio.
Sarà il dibattimento a dimostrare l’innocenza dei miei assistiti.
Siamo ancora in una fase preliminare, il pubblico ministero a seguito delle indagini ha ritenuto di richiedere l’emissione del decreto penale di condanna; richiesta accolta dal Giudice per le indagini preliminari.
Il decreto penale di condanna è un rito alternativo che si utilizza quando il reato è ritenuto di modesta entità e si ritiene che la pena della reclusione possa essere tramutata in una multa. Abbiamo ritenuto di fare opposizione e di scegliere il rito ordinario del dibattimento proprio per dimostrare l’innocenza e che quelle parole non erano rivolte agli agenti in servizio ma facevano parte della canzone “messaggio”. 

  • Siamo di fronte a un equivoco o qualcuno cerca di utilizzare il suo ruolo istituzionale per fare politica e per rispondere al messaggio – piuttosto esplicito – contro i poligoni militari, contenuto nel testo?
Giulia Lai: Purtroppo nella mia carriera professionale ho già più volte assistito a procedimenti penali strumentali alla limitazione di quelle che è la lotta alla presenza dei poligoni militari in Sardegna.
Posso quindi affermare che, ancora una volta, siamo di fronte ad un caso di repressione di una forma di espressione del proprio dissenso.
Bakis Beks: Io di idee me ne sono fatte parecchie, però, alla fine, forse una delle definizioni che darei è di “equivoco forzato”. Mi pare abbastanza evidente che tra i presenti all’evento (un centinaio di persone, secondo gli atti), alcuni non abbiano assolutamente colto il significato e il messaggio della mia canzone “MESSAGGIO”, per l’appunto.
Una minoranza dei presenti (5 persone) si è sentita chiamata in causa e ha deciso di far partire tutto questo casino.
Quello che mi chiedo io è cosa ci facevano tutti quegli agenti (5) a una serata hip hop, in un locale di Nuoro che mi ha invitato a suonare e a fare il mio spettacolo, sapendo benissimo che tipo di spettacolo avrei fatto, visto che ero già stato loro ospite per 3 volte?
Erano lì per me? Erano lì per altro?
Io lavoro e pago le tasse. Le mie tasse contribuiscono alla spesa pubblica, che, in parte, serve anche per pagare lo stipendio di queste persone. È giusto che queste persone vengano occupate così, in una serata senza problemi, senza gente che dà fastidio, senza risse, senza droga, senza niente, e tutto alla luce del sole, visto che eravamo all’aperto?
Oltretutto le accuse mosse nei miei confronti sono totalmente false. Non posso dire tante cose, però posso dire che tutto questo è scandaloso. Posso anche dire che non è neanche la cosa più scandalosa che è successa in Sardegna, dal punto di vista della repressione, rispetto ai temi dell’antimilitarismo. E tutto questo è gravissimo. 
  • Quanto è importante nella società contemporanea il diritto alla libertà di espressione, specialmente in ambito artistico e musicale?
Bakis Beks: Credo che sia fondamentale.
Credo sia ovvio che sia fondamentale.
Credo che ci siano degli articoli della Costituzione che parlano di questa libertà, tutelandola.
Potremmo stare qui a parlare di un sacco di cose, rispetto alla libertà di espressione che c’è in Sardegna, che c’è in Italia, potremmo parlare di rap e di testi misogini, che incitano alla violenza e all’uso di droghe, testi e atteggiamenti dichiaratamente omofobi. Però, parliamo di fatti. Io ho cantato quella canzone a Nuoro, davanti a poco più di un centinaio di persone, 5 agenti di polizia hanno pensato che io stessi commettendo un reato.
Hanno fatto un casino della Madonna (no, non la cantante).
La settimana successiva, ho suonato a Milano, alla manifestazione ABBA CUP Festival Antirazzista, all’Arco della Pace, davanti a 500/600 persone, forse di più, ma stiamo bassi.
Tanti agenti della polizia e dei carabinieri.
Quando ho cantato quella canzone la piazza ha reagito in modo molto più scomposto che a Nuoro, nessuno però mi ha fatto storie né durante né dopo.
Quindi cosa dobbiamo pensare? Che una cosa è offensiva se viene detta a Nuoro e se viene detta a Milano, no?
Dovrei autodenunciarmi per aver cantato la canzone in piazza a Milano?
Oltre questo. Dovremmo chiederci quanto una storia del genere possa intimidire e inibire una persona, dall’esprimere la propria opinione e il proprio messaggio attraverso la propria arte, con serenità e libertà.
Da quando è successa tutta questa questione, nonostante la frustrazione per tutta questa vicenda grottesca, io ho ancora più voglia di diffondere il mio messaggio.
Ma chi è disposto ad ospitarmi?
Chi è che ha voglia di correre il rischio di trovarsi la polizia che discute con me e con il pubblico per una mia canzone?
Non sono così presuntuoso da pensare che tutto questo sia stato combinato di proposito contro di me.
Però tutta questa questione, oltre al processo, mi ha creato e mi sta creando un sacco di problemi, da due anni a questa parte.
Ancor prima che la cosa divenisse di dominio pubblico, con il mio nome sul giornale, a Nuoro tutti hanno saputo cosa era successo, già dal giorno dopo che è successo.
Infatti dopo quel giorno, nessun locale a Nuoro mi ha più invitato a suonare. Probabilmente è cambiato qualcosa all’improvviso e sono diventato poco bravo a fare live, però, fino a quel momento (dal 2010 a quel giorno) le serate nei locali, anche a Nuoro, non mi sono mai mancate.
  • La musica può risvegliare l’opinione pubblica attorno a temi importanti quali la guerra, la devastazione ambientale o il diritto all’autodeterminazione?
Bakis Beks: Io un po' ci credo.
Quando ho scritto “MESSAGGIO” ho scelto di essere molto diretto e provocatorio, proprio perché volevo attirare l’attenzione e spingere l’ascoltatore a riflettere e/o a documentarsi sull’argomento.
Ho sacrificato la forma e la tecnica per arrivare a una platea più ampia possibile, che magari non fosse già ferrata sulla questione, proprio perché credo che la musica qualcosa la possa ancora fare. Ma è difficile.
In sostanza non so se la musica da sola possa risvegliare l’opinione pubblica attorno a certi temi. Credo ci voglia anche tanta consapevolezza rispetto a quello che siamo e a quello che siamo stati, e a quello che saremo se continuiamo a girarci dall’altra parte.

Una canzone, cento canzoni, mille canzoni da sole non bastano. 
  • Stai lavorando a un nuovo progetto artistico?
Bakis Beks: Sì. Sto lavorando due progetti. Il più importante è uno spettacolo teatrale tratto da un romanzo di Grazia Deledda, del quale sto scrivendo le musiche, i testi e non solo. Farò la parte di un prete che ha l’amante. Speriamo che, a questo giro, non mi arrivi una denuncia dalla Curia
Oltre questo, sto lavorando a un EP e a un disco nuovo, ma è meglio non parlare di queste cose, che porta sfiga.
Vi ringrazio per lo spazio e l’attenzione dedicata a tutta questa vicenda.
Se posso, vorrei aggiungere solo due parole.
A FORAS.
  • Grazie per aver risposto alle nostre domande. Ci diamo appuntamento alla fine di questa brutta vicenda e per il lancio dei prossimi progetti. 

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