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“Un anno sull’Altipiano”: Riflessioni sulla guerra e sul potere


Eccoci giunti al secondo articolo della rubrica “ContReArm”, che si propone di opporsi su un piano culturale alla propaganda guerrafondaia veicolata dai media di massa e da una cultura dominante sempre più incline alle logiche del riarmo e della militarizzazione. In questo appuntamento, ripartiamo da quello che può essere considerato uno dei libri più significativi mai scritti sulla Prima Guerra Mondiale: “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu.


Il libro, che ha tutte le caratteristiche di un memoriale di guerra, fu scritto tra il 1936 e il 1937, quando Lussu si trovava in un sanatorio a Davos, in Svizzera, lontano dall’attività politica che svolgeva in esilio in Francia come militante antifascista. Uscì per la prima volta a Parigi nel 1938 e solo nel settembre del 1945 fu pubblicato in Italia da Einaudi nella Collana 
Saggi.

Il titolo del libro si riferisce al periodo trascorso dalla Brigata Sassari sull’Altipiano di Asiago, tra il giugno 1916 e il luglio 1917, durante i violenti combattimenti che seguirono l’attacco austro-ungarico noto come Strafexpedition, una spedizione punitica contro l’Italia, colpevole di aver rotto la Triplice Alleanza per unirsi alla Triplice Intesa. È importante ricordare che l’Italia entrò in guerra con obiettivi espansionistici, una guerra di aggressione imbevuta di retorica patriottica e nazionalista, con l’intenzione di annettersi territori come il Trentino e la Dalmazia.

Lussu, uno degli ufficiali più noti della brigata, racconta in prima persona e con uno stile diretto gli orrori quotidiani del conflitto, evitando ogni forma di esaltazione patriottica. Ex interventista e protagonista delle operazioni militari, tra cui le battaglie sugli Altipiani, sul Monte Zebio e sulle Melette, Lussu adotta nel libro un atteggiamento fortemente critico nei confronti dei comandi militari dell’epoca. Denuncia l’irrazionalità della guerra e l’esasperata disciplina militare, mettendo in luce le contraddizioni e l’assurdità di un conflitto che non faceva altro che alimentare un inutile sacrificio di vite umane.

L’opera mostra il volto reale della guerra: le assurdità del comando, il cinismo degli alti ufficiali, il sacrificio senza senso dei soldati. Emblematica, in questo senso, è la figura del generale Leone, che prende il comando dopo che il suo predecessore era stato rimosso per aver abbandonato le postazioni militari sul Monte Fior.

Il confronto tra lui e Lussu è tra i passaggi più forti del libro:

– Ama lei la guerra?
Io rimasi esitante. Dovevo o no rispondere alla domanda? Attorno v’erano ufficiali e soldati che sentivano. Mi decisi a rispondere.
– Io ero per la guerra, signor generale, e alla mia Università, rappresentavo il gruppo degli interventisti.
– Questo, – disse il generale con tono terribilmente calmo, – riguarda il passato. Io le chiedo del presente.
– La guerra è una cosa seria, troppo seria ed è difficile dire se
... è difficile… Comunque, io faccio il mio dovere. E poiché mi fissava insoddisfatto, soggiunsi: – Tutto il mio dovere.
– Io non le ho chiesto, – mi disse il generale, – se lei fa o non fa il suo dovere. In guerra, il dovere lo debbono fare tutti, perché, non facendolo, si corre il rischio di essere fucilati. Lei mi capisce. Io le ho chiesto se lei ama o non ama la guerra.
– Amare la guerra! – esclamai io, un po’ scoraggiato.
Il generale mi guardava fisso, inesorabile. Le pupille gli si erano fatte più grandi. Io ebbi l’impressione che gli girassero nell’orbita.
– Non può rispondere? – incalzava il generale.
– Ebbene, io ritengo... certo
... mi pare di poter dire... di dover ritenere...
Io cercavo una risposta possibile.
– Che cosa ritiene lei, insomma?
– Ritengo, personalmente, voglio dire io, per conto mio, in linea generale, non potrei affermare di prediligere, in modo particolare, la guerra.
– Si metta sull’attenti!
Io ero già sull’attenti.
– Ah, lei è per la pace?
Ora, nella voce del generale, v’erano sorpresa e sdegno.
– Per la pace! Come una donnetta qualsiasi, consacrata alla casa, alla cucina, all’alcova, ai fiori, ai suoi fiori, ai suoi fiorellini! È così, signor tenente?
– No, signor generale.
– E quale pace desidera mai, lei?
– Una pace...
E l’ispirazione mi venne in aiuto.
– Una pace vittoriosa.
Il generale parve rassicurarsi. Mi rivolse ancora qualche domanda di servizio e mi pregò di accompagnarlo in linea.

Questo estratto è il cuore del libro: Lussu mette in evidenza tutta la distanza tra chi comanda e chi combatte davvero. 

Va sottolineato che sul campo di battaglia si sperimentano le prime forme di comando totalitario, che non riguardano solo l’ambito militare ma si riflettono anche sull’irrigidimento della società civile. Un processo che il fascismo poi avrebbe ripreso e sviluppato.

Oggi, in un contesto in cui il riarmo torna ad essere al centro delle politiche degli Stati europei, l’atteggiamento sprezzante delle élite al comando ci ricorda quello che Lussu descrive nel suo libro: la distanza tra chi decide e chi paga realmente il prezzo di queste decisioni, tanto insensate quanto anacronistiche.

(La redazione)

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