Juliovernia social: Una favola per adulti contro la discriminazione dei bambini
Esci di nuovo con i tuoi amici?
Sì non ci vediamo dall’estate e tra poco è Natale
Beato te
Vuoi venire? Te li faccio conoscere
Elisa è percorsa da un brivido di eccitazione. Lui aspetta pazientemente una risposta con un sorriso tentatore sul viso. Ultimamente quel lampo appare spesso nei suoi occhi e a Elisa piace perché la trascina nel mondo dell’impossibile che si trasforma in possibile. Soprattutto dopo la pallonata a Natalia.
Te la firmo io la giustificazione
Lo so, ma se mi beccano mi uccidono
Non ci beccano ma se ci beccano moriremo insieme di una morte lenta e dolorosa però ci divertiremo
Per tutto il resto dell’ora Elisa non riesce a pensare ad altro. Muore dalla voglia di commettere un atto di ribellione e vorrebbe avere sufficiente coraggio per decidersi. La farebbe sentire bene per una volta trasgredire al volere dei genitori perché lei ha paura e non rischia mai. Suo padre non le perdonerebbe mai una bravata simile, specie se dovesse commetterla insieme a Marco.
Non lo chiamano nemmeno per nome. Lo chiamano “quel tuo compagno”. Il giorno dell’Immacolata è venuto fuori l’argomento con gli zii a pranzo. C’è stata una lunga discussione sul disagio sociale e tutti si sono dichiarati tolleranti e favorevoli all’integrazione in ambienti sani di persone meno fortunate come “quel compagno”. È fondamentale farle uscire dal giro di squallore e miseria in cui sono nate, hanno dichiarato con convinzione, ma bisogna monitorare accuratamente simili progetti di rimonta sociale per evitare che siano loro a traviare i figli di gente perbene, capovolgendo drammaticamente l’efficacia dello scopo. Assicurarsi che non infettino l’ambiente diffondendo il loro malessere come un virus letale. Dopotutto “da cosa nasce cosa” e se anche sembra un luogo comune, corrisponde all’amara realtà dei fatti: una mela marcia in un cestino di frutta fresca...»
Recensione
Il romanzo La teoria della mela di
Michela Magliona possiede diversi pregi, molti dei quali si possono ritrovare
anche in questo estratto. Innanzitutto la capacità ipnotica di trascinarci nei
“mitici anni ’80” che per gli adolescenti di quei tempi, rappresentano ancora
qualcosa di dolcemente nostalgico e quasi magico.
Il libro di Michela, infatti, ha il potere
di far calare lo spettatore in un universo onirico, fatto di quei simboli che
resteranno sempre nel nostro cuore. Gli anni ottanta, forse non furono un’epoca
di grandissime opere d’arte ma i fenomeni pop divulgati da quella tv che
avanzava fulminea, hanno comunque lasciato una traccia indelebile nella memoria
di quegli oggi quarantenni/cinquantenni
che vengono chiamati (erroneamente) boomers.
La particolarità più importante del
romanzo è tuttavia un’altra: il suo potere sociologico e la sua capacità di
mostrare dietro una storia d’amore tra i banchi di scuola (cosa che anche una
soap opera saprebbe fare) un mondo drammatico e sempre attuale che ci viene
schiaffato in faccia, senza mezzi termini.
La metafora della mela marcia, molto
cinica, che non credo sia neppure necessario spiegarvi, pone un focus sul
problema della discriminazione, ancora tremendamente presente nella nostra
quotidianità, soprattutto all’interno delle aule scolastiche.
I ceti sociali sono sempre esistiti: anche
oggi c’è il bambino benestante e il bambino povero che fa parte di una famiglia
di “Brutti sporchi e cattivi”, giusto per citare il capolavoro interpretato da
Nino Manfredi, metafora assoluta sul tema dell’emarginazione che ovviamente vi
invito a vedere.
Ma torniamo al libro di Magliona: Marco è
un “diverso” perché veste in maniera trasandata, i suoi abiti non sono di certo
griffati e soprattutto è figlio di un galeotto. Elisa è una bambina con gli
occhiali, non ancora formata come donna e forse anche per questo, pure lei, si
sente diversa.
Diventeranno amici, forse perché
troveranno nella loro diversità un punto d’unione.
Nel frattempo però, sono proprio i
genitori degli alunni della classe, quelli che dovrebbero capire il significato
profondo di inclusione sociale e integrazione che stabiliranno le
discriminazioni tra i vari bambini.
Nessuno lo ammetterà mai, perché si tratta
di qualcosa di molto sottile.
Alcuni ostenteranno addirittura un finto
desiderio di uguaglianza ma gli si storcerà il naso, quando vedranno giocare il
proprio figlio con chi non appartiene a una “buona famiglia”.
Quand’ero piccolo i bambini “diversi” per
ceto, dalle mie parti, venivano chiamati Monteleprini. Credo che il termine
provenga da un paesino siciliano che era una sorta di bronx. Nel linguaggio
comune divenne un modo per rendere bene l’idea, quando si dovevano etichettare
le persone, attraverso un soprannome così azzeccato quanto crudele.
Non si tratta insomma di un’invenzione di
Magliona ma di un fenomeno che c’è sempre stato, anche nella vita reale.
È fisiologico che i figli vengano
plasmati dai genitori, imparando così ad essere giudicanti e a stigmatizzare i
compagni “diversi”, perché, inconsciamente, importeranno la loro mentalità.
A tal proposito, mi vengono in mente gli
studi e le riflessioni dello psicologo Piaget quando spiegava il concetto di
“categorie cognitive”. Lo studioso le considerava qualcosa di indispensabile ma
pericoloso: un
modo per fare ordine nella nostra esperienza che spesso però ci
porta ad assimilare gli schemi che ci vengono proposti.
Questo, specie quando si è piccoli e con una mente in
evoluzione che non fa altro che registrare tutti gli stimoli che gli vengono
offerti dall’ambiente.
“È un po’ come il flusso dell’acqua”, diceva Piaget
“che prende la forma del recipiente quadrato o rotondo, a seconda dei casi. Le categorie che si formano nell’infanzia e
nell’adolescenza ci permetteranno di descrivere il mondo, le esperienze, le
relazioni, suddividendolo in categorie”.
Di qui l’importanza dei genitori nella
formazione mentale dei propri figli.
E allora? C’è qualcosa che può arrestare
tutto ciò? Per Michela Magliona sì.
L’amicizia e l’amore, quelli veri,
possono realizzare un autentico miracolo!
I nostri protagonisti, Marco ed Elisa e
la loro voglia di vita sono più forti di tutto e di tutti e non guardano certo
i pregiudizi.
È là, in quella purezza che riscopriamo i
valori, sani e incontaminati di un mondo nuovo che può cambiare, solo se
proposto da dei bambini che sembrerebbero più saggi degli adulti.
E a proposito: è bello, dopo aver letto
questo libro, augurarsi che i giovani d’oggi siano capaci di creare delle
famiglie con veri valori!
Verso una vita che non è più castrante e
finta, dove i pregiudizi vengono superati dai sentimenti.
La teoria della mela parla di
socializzazione ed un è favola per adulti perché crede, auspica e sogna un
mondo migliore.
E vissero felici e contenti?
Speriamo.
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